La Commissione Europea ha multato Google per 2,42 mld di euro per violazione delle norme antitrust dell’Ue. Il colosso Usa ha abusato della sua posizione dominante come motore di ricerca, secondo la Commissione, conferendo un vantaggio illegale ad un altro suo prodotto, il servizio di comparazione degli acquisti.
Google ha una posizione dominante nelle ricerche Internet in tutti i 31 Paesi dello Spazio Economico Europeo fin dal 2008, eccezion fatta per la Repubblica Ceca, dove la società di Mountain View è diventata dominante più tardi, nel 2011. Nella maggior parte dei Paesi del See Google ha più del 90% del mercato, che è caratterizzato da alte barriere all’ingresso, in parte a causa dell’effetto rete: più i consumatori utilizzano un motore di ricerca, più diventa attraente per gli inserzionisti pubblicitari. I profitti così generati possono essere utilizzati per attrarre ancora più consumatori. Nella stessa maniera, i dati raccolti sui consumatori possono a loro volta essere utilizzati per migliorare i risultati.
La posizione dominante su un mercato, come tale, non è illegale nell’Ue, ma le compagnie dominanti hanno la particolare responsabilità di non abusare della propria forza sul mercato per ostacolare l’innovazione. Google, per la Commissione, ha abusato della propria posizione dominante nelle ricerche su Internet conferendo ad un proprio servizio (chiamato inizialmente Froogle, poi Google Product Search e alla fine Google Shopping) un vantaggio illegale nel mercato della comparazione degli acquisti.
Google, nota la Commissione, ha “sistematicamente dato una posizione preminente” al proprio servizio: i risultati vengono cioè mostrati, in carattere evidente, in cima ai risultati della ricerca, talora in uno spazio riservato sulla parte destra della pagina. Sono dispiegati al di sopra dei risultati di ricerca che l’algoritmo considera i più rilevanti per le parole chiave digitate. Ciò accade ogni qual volta un consumatore digita parole chiave collegate ad un prodotto sulla pagina di ricerca generale di Google, in relazione alla quale Google intende mostrare i risultati nella comparazione degli acquisti. Per la Commissione, questo dimostra che il servizio di comparazione degli acquisti di Google non è soggetto all’algoritmo della società di Mountain View.
Quando Froogle venne lanciato, c’erano già, nel mercato della comparazione degli acquisti, una serie di attori consolidati: le prove raccolte dalla Commissione indicano che la società era consapevole del fatto che la performance di mercato di Froogle era scarsa. Un documento interno del 2006 constata che “Froogle semplicemente non funziona”.
I servizi di comparazione degli acquisti dipendono in gran parte dal traffico: più traffico genera clic, e quindi ricavi. Più traffico c’è, più rivenditori al dettaglio vengono attratti al servizio di comparazione degli acquisti. Data la dominanza che il motore di ricerca di Google ha, è un importante fonte di traffico per i servizi di comparazione degli acquisti. Dal 2008, Google ha cambiato la propria strategia, basandosi non sulla concorrenza sui meriti, ma sfruttando la propria posizione dominante. Oltre a dare al proprio servizio una posizione preminente, ha fatto in modo che i servizi di comparazione rivali avessero meno visibilità.
I servizi di comparazione degli acquisti appaiono nei risultati di ricerca di Google sulla base degli algoritmi generici di ricerca della compagnia. Google ha incluso un certo numero di criteri in questi algoritmi, con il risultato che i servizi concorrenti hanno una posizione meno visibile. Le prove raccolte dalla Commissione mostrano che anche il concorrente più rispettato appare in media a pagina 4 dei risultati di ricerca, mentre altri vengono mostrati anche più in basso. Il servizio di comparazione degli acquisti di Google non è soggetto all’algoritmo che effettua la ricerca generale, e quindi non viene ‘degradato’ in classifica.
Ciò per l’esecutivo comunitario significa che, dando al proprio servizio di comparazione degli acquisti una posizione prominente e ‘declassando’ i concorrenti, Google ha dato al proprio servizio un vantaggio significativo rispetto ai competitor. Questa condotta, secondo la Commissione, costituisce un abuso che Google commette, in forza della propria dominanza nel campo dei motori di ricerca.
Google, per l’esecutivo Ue, ha abusato della propria posizione dominante conferendo al proprio servizio di comparazione degli acquisti un vantaggio illegale. La pratica incriminata riguarda 13 Paesi del See, a partire da Germania e Regno Unito nel 2008, per essere poi estesa alla Francia nell’ottobre 2010, a Italia, Spagna e Paesi Bassi nel maggio 2011, alla Repubblica Ceca nel febbraio 2013 e in Austria, Belgio, Danimarca, Norvegia, Polonia e Svezia nel novembre 2013. L’abuso ha fruttato: il traffico di Froogle-Google Shopping è aumentato di 45 volte nel Regno Unito, di 35 volte in Germania, di 19 volte in Francia, di 29 volte in Olanda, di 17 in Spagna e di 14 in Italia.
Per contro, i concorrenti hanno accusato cadute consistenti nel traffico: la Commissione ha trovato “prove specifiche” di crolli improvvisi di traffico subiti da siti concorrenti dell’85% nel Regno Unito, del 92% in Germania e dell’80% in Francia. Crolli improvvisi che “non possono essere spiegati da altri fattori”. Alcuni concorrenti sono riusciti a recuperare terreno, “ma mai pienamente”.
Pertanto, la Commissione ritiene che le pratiche messe in atto da Google abbiano “ostacolato la concorrenza nel mercato della comparazione degli acquisti, privando i consumatori europei della possibilità di scegliere”. Nel decidere, la Commissione si è avvalsa di una vasta gamma di prove, tra le quali quantità significative di dati, che includono 5,2 terabyte di risultati di ricerca di Google (cioè circa 1,7 mld di ricerche). La multa comminata dalla Commissione tiene conto della durata e della gravità della violazione.
L’entità è stata calcolata sulla base del valore dei ricavi di Google realizzati grazie al servizio di comparazione degli acquisti nei 13 Paesi in cui è avvenuta la violazione. Google ora dovrà smettere di mettere in atto queste pratiche illegali entro 90 giorni, rispettando il principio del trattamento paritario dei diversi servizi di comparazione degli acquisti. Se non dovesse obbedire, sarebbe soggetta al pagamento di ulteriori sanzioni, da decidere con un procedimento separato, per un importo fino al 5% del giro d’affari medio giornaliero di Alphabet, la casa madre di Google.
La società potrà anche subire cause civili per danni, che possono essere intentate da chiunque, persona o impresa, si ritenga danneggiato dal suo comportamento anticoncorrenziale. La Commissione ha già concluso, in via preliminare, che la casa di Mountain View ha abusato della propria posizione dominante in altri due casi, ancora sotto indagine, che riguardano il sistema operativo Android e AdSense.