La legge
La L. 120/2010 ha riformato gli artt. 186 e 187 del Codice della Strada (guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti) inserendovi la possibilità per il contravventore di richiedere al giudice penale di sostituire la pena detentiva e pecuniaria con i lavori di pubblica utilità.
Si tratta della possibilità per il condannato di effettuare lavori socialmente utili e non retribuiti in favore della collettività da svolgere presso gli enti pubblici oppure le organizzazioni di assistenza sociale, di volontariato o di lotta alle dipendenze.
Il fatto
Nel caso che ci occupa, il protagonista, già condannato per guida in stato di ebbrezza, nel corso dello svolgimento di lavori di pubblica utilità, commetteva nuovamente la stessa violazione che veniva accertata immediatamente dalle autorità pubbliche.
Con la sentenza n. 130/2016, il Tribunale di Ivrea applicava, su richiesta delle parti, al reo, in relazione alla violazione dell’art. 186, comma 7, C.d.S., la pena di mesi 4 di arresto ed € 1000,00 di ammenda, con sostituzione, ex art. 186, comma 9-bis C.d.S., della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, oltre alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per nove mesi.
Avverso tale sentenza, l’uomo, tramite il proprio avvocato, proponeva ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 186, comma 9-bis, del C.d.S. che dispone che laddove nel corso dello svolgimento dei lavori di pubblica utilità, il condannato ponga in essere una qualche violazione, la pena sostitutiva possa essere revocata e le sanzioni amministrative accessorie possano essere ripristinate nella loro entità originaria. Affermava, in effetti, che l’utilizzo del verbo “ripristinare” implica necessariamente il pregresso “venir meno” della sanzione amministrativa accessoria e tale “venir meno” non può che essere rapportato al momento della pronuncia della condanna con contestuale sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità; solo l’esito dello svolgimento di tale misura, d’altro canto, potrà essere poi determinante ai fini della quantificazione definitiva della sospensione della patente di guida (oltre che ai fini della estinzione del reato e della confisca, ove prevista). Sosteneva, quindi, che il Giudice avrebbe dovuto sospendere gli effetti della sanzione amministrativa accessoria durante il periodo di svolgimento della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.
La decisione della Suprema Corte
Secondo la Corte di Cassazione, attraverso la sentenza n.48330/17, il ricorso è fondato, motivando la propria decisione, sulla disposizione dell’art. 186, comma 9 bis, C.d.S., il quale testualmente recita: “In caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice fissa una nuova
udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato”, aggiungendo poi che: “In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, il giudice che procede o il giudice dell’esecuzione, a richiesta del pubblico ministero o di ufficio, con le formalità di cui all’articolo 666 del codice di procedura penale, tenuto conto dei motivi, della entità e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena sostitutiva con ripristino di quella sostituita e della sanzione amministrativa della sospensione della patente e della misura di sicurezza della confisca”.
Infatti, secondo la Suprema Corte, l’immediata esecutività della sola sanzione accessoria della sospensione della patente rischierebbe, in caso di positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, di rendere verosimilmente, dati i tempi fisiologici di fissazione della nuova udienza per dichiarare estinto il reato e disporre la riduzione alla metà della sanzione amministrativa, vani gli effetti della successiva riduzione della metà della sospensione stessa.
Peraltro, a favore di tale tesi, milita il testo della stessa norma in commento, secondo cui, nell’ipotesi di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, il giudice dispone la revoca della pena sostitutiva con “ripristino” di quella sostituita e della sanzione amministrativa della sospensione della patente. Il significato del termine “ripristino”, sempre secondo i giudici di P.zza Cavour, utilizzato dal legislatore non può che significare “rimessa in vigore”, “ristabilire”, “riportare ad uno stato precedente”. Il che presuppone che, prima del “ripristino”, l’efficacia della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida inflitta sia stata sospesa.
Ne consegue, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al punto concernente l’omessa sospensione dell’efficacia della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida applicata.
L’effetto domino delle parole, o la mera intenzione garantista del legislatore. In ogni caso, tutto ritorna.
Mariano Fergola