Un tribunale indiano ha concesso il divorzio a una donna costretta a espletare i propri bisogni all’aperto. La mancanza di servizi igienici domestici, infatti, costituirebbe una forma di tortura e giustificherebbe la cessazione del vincolo di coniugio.
Uno sguardo all’India
Forse non tutti sanno che urinazione e defecazione all’aperto sono comuni in alcune aree dell’India, in cui le donne sono spesso costrette ad attendere la sera per recarsi nei campi.
L’UNICEF ha stimato che la metà della popolazione indiana non utilizza i servizi igienici, con conseguenze che vanno dall’alto tasso di decessi legati alla dissenteria tra i bambini all’elevato numero di violenze sessuali. L’assenza di bagni in casa, infatti, espone le donne a pericolo di stupri: il senso del pudore le spinge ad appartarsi in orari in cui sono sicure di esser sole, ma ciò -soprattutto la sera tardi- le espone al rischio di subire aggressioni.
Il caso e la decisione del tribunale
Quello descritto è il quadro in cui si inserisce la decisione del tribunale, consapevole della pericolosità della defecazione all’aperto.
Il giudice indiano si è espresso in favore di una donna sposata da cinque anni con un uomo da cui intendeva divorziare. La circostanza che il marito avesse mancato di costruire un bagno all’interno dell’abitazione familiare, infatti, è stata ritenuta valido motivo per la conclusione del matrimonio.
Poichè costringere la donna a defecare all’aperto significa sottoporla a una forma di tortura, può trovare applicazione la legge indiana che consente il divorzio in casi limitati. Tra le ipotesi legittimanti la cessazione del vincolo matrimoniale -non sempre socialmente accettabile- figurano la violenza domestica e le ulteriori e diverse manifestazioni di crudeltà.
Crudele è ciò che offende il corpo e la dignità; costringere la propria moglie ad attendere il calar della sera per poter andare in bagno in mancanza di servizi significa oltraggiarla.
Alla donna, dunque, il tribunale indiano ha concesso il divorzio.
Claudia Chiapparrone