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Intercettazioni illegali, la Cassazione: “Pubblicabili se c’è interesse pubblico alla notizia”

In presenza di un interesse pubblico alla notizia, è possibile pubblicare sul quotidiano o sul sito internet del giornale il testo integrale di una telefonata, anche se l’intercettazione è stata fatta in modo illegale. Inoltre lo stop alla diffusione da parte del Garante della privacy non fa scattare in automatico il diritto al risarcimento danni in sede civile, perché la decisione spetta comunque al giudice ordinario. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione che, con la sentenza 13151/2017, è tornata a pronunciarsi sulla questione della pubblicazione delle intercettazioni, recentemente tornata ad infiammare il dibattito pubblico a seguito della vicenda della telefonata fra Matteo Renzi ed il padre Tiziano.

La vicenda: L’Adige pubblica un’intercettazione illegale

La decisione nasce da una causa per risarcimento avanzata contro il giornale “L’Adige (quotidiano indipendente del Trentino Alto Adige) per aver pubblicato il testo di una telefonata intercorsa, nel 2006, tra l’ex comandante dei vigili del fuoco di Rovereto ed un consigliere comunale di minoranza, del gruppo politico della Margherita, telefonata contenente dati sensibili sull’orientamento politico del comandante. Questi, infatti, esprimendosi in dialetto, aveva chiesto se, con riferimento all’Unione distrettuale dei vigili del fuoco, organismo di coordinamento locale del corpo del Trentino, dovendo essere rinnovata la carica di ispettore, era possibile avere degli appoggi, in modo da nominare una persona legata alla stessa area politica. La conversazione era stata abusivamente captata da terzi e recapita alle autorità locali e alla redazione del giornale, che l’aveva pubblicata anche in formato audio sul suo sito internet, con possibilità di scaricarla gratuitamente. L’ex comandante dei vigili era riuscito ad ottenere l’inibitoria alla divulgazione da parte del Garante della privacy, che aveva accertato come la raccolta e la pubblicazione dei dati sensibili fosse avvenuta in violazione della legge ma, nonostante questo, la Corte d’appello di Trento ha rigettato la sua domanda di risarcimento per i danni subiti (forzate dimissioni dal corpo dei vigili del fuoco e da dipendente del Comune,  con anticipato pensionamento e conseguenti gravi danni alla salute). La Corte d’appello ha infatti ritenuto che nel caso in questione non sussistono i presupposti per la diffamazione a mezzo stampa, in quanto la pubblicazione rispettava i limiti del legittimo esercizio del diritto di cronaca (per interesse pubblico della notizia, verità storica dei fatti e continenza nell’esposizione). La Corte d’appello ha proceduto ad un bilanciamento dei contrapposti interessi tra il diritto di cronaca e il diritto alla riservatezza e ha concluso per la legittimità della pubblicazione, in considerazione del particolare interesse pubblico della notizia, sia pure in ambito locale.

Corte di Cassazione: si alla divulgazione, ma nei limiti del diritto di cronaca

La terza sezione civile della Corte di Cassazione, confermando questa impostazione, ha anche sottolineato che l’authority “può sospendere, modificare o far cessare il trattamento illegittimo di dati personali”, ma non può decide sulla richiesta di risarcimento danni, sulla quale si pronuncia il giudice. La Cassazione ha poi affermato che il giornalista può diffondere dati personali anche senza il consenso dell’interessato, “purchè nei limiti del diritto di cronaca, e in particolare quello dell’essenzialità dell’informazione rispetto a fatti di interesse pubblico”. Nel caso di specie “la notizia consisteva proprio nel fatto che vi era stata la telefonata e che aveva avuto quel determinato contenuto, il quale sarebbe risultato incomprensibile se depurato del riferimento all’area politica cui mostravano di aderire gli interlocutori” e quindi l’interesse pubblico, anche se solo a livello locale, c’era. Per questi motivi la Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta di risarcimento dell’ex vigile e ha dato ragione al “L’Adige”.

 

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