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IRAP, è dovuta dal tirocinante commercialista?

L’imposta regionale sulle attività produttive, meglio nota con l’acronimo di I.R.A.P., è un tributo volto a garantire l’autonomia finanziaria regionale il cui presupposto è identificabile nell’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione e allo scambio di beni o alla prestazione di servizi.
Introdotta nel 1997 con il Decreto Legislativo n. 446, è stata fortemente criticata sin dalla sua emanazione, tanto da essere ribattezzata da molti “l’imposta RAPina”, nemica dell’impresa.
La polemica trova fondamento nel fatto che l’Irap, colpisce maggiormente le piccole e medie imprese, tassando al lordo il fatturato dell’attività, e non l’utile di esercizio, omettendo di tenere in considerazione i costi di produzione.
Tali valutazioni si sono, presto, concretizzate in numerosi ricorsi alla Corte Costituzionale, volti ad accertare l’illegittimità di una tale imposizione. Sul punto, decisiva è stata la sentenza n. 156/2001 con cui la Corte Costituzionale ha spazzato via ogni dubbio circa la legittimità dell’Irap, riconoscendo nel valore aggiunto delle attività autonomamente organizzate il presupposto di imposta.
La predetta sentenza ha fatto da spartiacque poiché, dopo la sua pubblicazione, sono state numerose le pronunce delle Commissioni Tributarie, e della Cassazione, che hanno escluso l’obbligo del pagamento dell’imposta in capo a liberi professionisti privi di un’autonoma organizzazione (per un approfondimento vedi anche Tributi, Irap per gli avvocati che esercitano presso la propria abitazione?).

IRAP durante il tirocinio professionale: l’orientamento della giurisprudenza

Un’imposta così dibattuta come l’Irap torna sempre a far parlare di sé.
Ed invero, di recente risoluzione è il caso che vede come protagonista un dottore commercialista che ricorreva contro un avviso di accertamento in cui si pretendeva il pagamento dell’imposta regionale sulle attività produttive per gli anni in cui il contribuente aveva svolto il tirocinio presso uno studio associato, nonché per il successivo anno in cui, dopo aver conseguito l’abilitazione professionale, aveva continuato a svolgere la propria attività nello stesso studio.
Per quanto riguarda il periodo di tirocinio, già i giudici di merito, avevano escluso che fosse dovuta l’IRAP dal ricorrente, atteso che il tirocinio è per sua natura un’attività svolta necessariamente sotto la supervisione di un dominus e, quindi, priva dell’autonomia organizzativa prevista dalla legge ai fini impositivi.
Mentre, sull’attività prestata dal commercialista abilitato alla professione, presso il medesimo studio associato, si è pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza n.6673 del 15 marzo 2017 che ha ribadito come, il presupposto richiesto dalla legge ai fini IRAP non poteva ritenersi sussistente nel caso di specie, in assenza di elementi che evidenziassero l’autonomia organizzativa di una struttura facente capo direttamente al commercialista.
Infatti, il libero professionista aveva provato (per il periodo contestato) di non aver avuto personale dipendente, di non possedere beni strumentali significativi e di non aver sostenuto particolari spese per beni immobili; pertanto era evidente che questi svolgesse la sua attività nell’interesse dello studio associato, di cui, peraltro, non era nemmeno socio.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha confermato il principio di diritto per cui, il professionista che svolge la propria attività all’interno di una struttura altrui non ha autonomia organizzativa propria e, conseguentemente, non può essere un soggetto passivo Irap.
Maria Rita Toscano

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