Irragionevole durata del processo: il giudice può discostarsi dagli ordinari criteri di determinazione dell’indennizzo quando l’oggetto della controversia non sia di particolare rilevanza.
Irragionevole durata del processo: il caso
Quando dopo 15 anni di inutili lungaggini giudiziarie la Corte di Appello di Napoli ha determinato, trattandosi di una causa di poco conto, in 600 euro annuali l’ammontare dell’indennizzo spettante ai sensi della legge 89 del 2001, G.T. sarà certamente rimasto interdetto.
Lapidario il giudice partenopeo: pur riconoscendo che “il giudizio presupposto non presentava particolari profili di complessità, sicché lo stesso avrebbe dovuto essere definito in un triennio anziché in quindici anni”, ritiene che l’ammontare del risarcimento debba comunque parametrarsi alla causa a cui si riferisce e pertanto la liquidazione di 600 euro annui sarebbe conforme “alle usuali liquidazioni di questa Corte ed ai parametri della Corte europea”.
Impugnata la decisione in Cassazione, il ricorrente cha contestato la conformità dell’ importo liquidato tanto rispetto ai parametri determinati dalla Corte europea, che si attestano tra 1000 e 1500 euro, quanto alle liquidazioni della stessa Corte d’appello, che si attestano sui 1000 euro. La Cassazione, con la sentenza n. 10261/2014, ha bocciato la contestazione, confermando quanto stabilito dalla corte d’appello. Secondo la Suprema Corte dal provvedimento impugnato si desume che la Corte d’appello abbia ritenuto di potersi discostare dagli ordinari criteri di determinazione dell’indennizzo in quanto, tenuto conto dell’oggetto della controversia, concernente la rimozione di un cancello, ha implicitamente ravvisato la non particolare rilevanza della posta in gioco.
Irragionevole durata del processo: no alla revocazione della sentenza
L’uomo ha proposto ricorso per revocazione contro la sentenza della Cassazione, ai sensi dell’art. 395, comma 4, codice procedura civile. Secondo il ricorrente la i giudici hanno errato nel ritenere l’indennizzo equo in base alla non particolare rilevanza della posta in gioco. Infatti la Corte di appello ha motivato affermando che l’indennizzo fosse conforme ai parametri della C.E.D.U. e della stessa Corte d’appello, senza fare riferimento alla causa di poco conto. Secondo il ricorrente la Cassazione sarebbe in questo modo incorsa in un errore, tale da giustificare la richiesta di revoca della sentenza. La Cassazione, con ordinanza n. 10887/2017, ha però ritenuto inammissibile il ricorso. La corte motiva affermando che nel decreto della Corte d’appello si desume implicitamente che l’indennizzo sia ritenuto adeguato per la non particolare rilevanza della posta in gioco. Di conseguenza ha rigettato il ricorso.
Livia Carnevale