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La Corte si pronuncia, il personaggio Zorro non è caduto in pubblico dominio

Quando Orazio, nelle sue Odi, volle riferirsi alla longevità della propria opera poetica scrisse: “Non omnis moriar” (“non morirò interamente”), consapevole che quanto aveva creato gli sarebbe sopravvissuto rendendo immortale la sua memoria.

In Italia la durata dei diritti di utilizzazione economica di un’opera è stabilita dall’art. 25 l.d.a per tutta la vita dell’autore e, meno poeticamente e più prosaicamente, sino al termine del settantesimo anno dopo la morte dello stesso.

Insomma, ben diverso dal diritto morale che si sostanzia nel diritto di paternità dell’opera ed è incedible ed imprescrittibile, i diritti patrimoniali hanno per legge una durata e possono essere acquistati, alienati o trasmessi.

Tali diritti si sostanziano nel diritto di pubblicazione, riproduzione, trascrizione, esecuzione, rappresentazione o  recitazione in pubblico, diritto di noleggio e prestito, diritto di elaborazione e modificazione dell’opera, diritto di seguito e di comunicazione al pubblico.

Il trasferimento, da parte dell’autore, di una di queste facoltà non implica quello delle altre.

Sulle opere di autori italiani, quindi, nulla quaestio. Ma cosa accade nel momento in cui ci si trova di fronte ad opere di autori stranieri?

Fino al 1946 la legge sul diritto d’autore stabiliva espressamente all’art. 188 2° comma che “la durata della protezione dell’opera straniera non può in nessun caso eccedere quella di cui l’opera gode nello Stato di cui è cittadino l’autore straniero”.

La questione è venuta accendendosi di nuovo interesse con una pronuncia della Corte d’Appello di Roma (n. 5778/2012) che aveva dichiarato la caduta in pubblico dominio del personaggio Zorro, creato nel 1919 dalla penna dello scrittore americano Johnston Mc. Culley.

La Corte respingeva, infatti, l’istanza della Zorro Productions Inc, la quale lamentava la violazione del diritto esclusivo di sfruttamento economico del personaggio, stabilendo che esso fosse ormai da ritenersi di pubblico dominio.

Precisamente, secondo il Copyright Act del 1919 il termine di protezione dell’opera è pari a 28 anni a cui si aggiungono ulteriori 28 nel caso di rinnovo della registrazione presso il Copyright Office. Nel caso di specie, mancando la prova di tale formalità, il diritto di rinnovo era da considerarsi decaduto.

Solo pochi giorni fa la vicenda ha subito un capovolgimento grazie ad una sentenza della Corte di Cassazione (3 gennaio 2017 n. 32) la quale ha disatteso le conclusioni del giudice di merito facendo riferimento agli accordi internazionali tra Italia e Stati Uniti del 1892 (ancora in vigore)  e alla Convenzione Internazionale di Ginevra, i quali prevedono che ciascuno Stato contraente è tenuto a riconoscere alle opere dei cittadini degli altri Stati la protezione accordata alle opere dei propri cittadini (principio del trattamento nazionale) e che la durata è regolata dalla legge dello Stato in cui la protezione è richiesta. Oltretutto, la Corte sottolinea come l’applicazione dell’art. 188 2° comma l.d.a, sopra menzionato, sia stata sospesa a tempo indeterminato dal decreto legislativo c.p.s. n. 82 del 1946.

Di conseguenza possiamo affermare, senza il timore di sbagliarci, che le opere di autori statunitensi che siano pubblicate anche in Italia godono della protezione prevista dalla nostra legge e, quindi, fino allo scadere del settantesimo anno dopo la morte dell’autore.

Insomma, lunga vita a Zorro e a Mc. Culley!

Maria C. Cucuzza

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