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La poena culleis: il parricidio attraverso la storia

Per l’ennesima volta la cronaca ci pone davanti ad efferati delitti commessi all’interno del nucleo familiare, dove sembra sovvertirsi la legge di natura e il figlio versare il sangue dei propri genitori. Qualche giorno fa Masterlex aveva domandato spiegazioni ad un’esperta per aiutarci a capire le dinamiche sociali e psicologiche di un fenomeno che sembra verificarsi con sempre maggiore frequenza, forse anche per effetto del tipo di comunicazione veicolata attraverso i mass media, social network e video games. Ma non bisogna dare tutta la colpa alla modernità. Il parricidio non è certo un delitto figlio dei nostri giorni: miti di fondazione di molte civiltà si basano sulla distruzione dei legami familiari. Zeus per conquistare il trono olimpico uccide il proprio padre Kronos; il primo omicidio dell’umanità secondo la tradizione delle tre religioni rivelate è legato all’uccisione del proprio fratello stessa dinamica che ritroviamo nel mito di fondazione romano.

Nell’antica Roma il reato di parricidio venne per la prima volta regolamentato dal re Numa Pompilio il quale introdusse la clausola parricidas esto che prevedeva se l’omicidio del genitore fosse stato colposo la consegna di un ariete alla famiglia della vittima; mentre per l’omicidio doloso era prevista una pena particolare, la poena cullei (pena del sacco), successivamente adottata da re Tarquinio per un caso di sacrilegio e infine codificata dal Codex Giustinianeo. Questa pena prevedeva che il condannato indossasse un cappuccio fatto con la pelle di lupo, sancendo così la sua involuzione dalla condizione umana a quella ferina, fustigato con verghe ricavate dal corniolo un albero consacrato agli dei degli inferi e legato a funesti presagi. A quel punto il condannato veniva chiuso in un sacco con una vipera, un cane, un gallo e una scimmia che avrebbero che l’avrebbero dilaniato finche il sacco non fosse stato gettato in mare o in un corso d’acqua.

Il motivo per cui venisse rinchiuso in un sacco a una doppia valenza: non contaminare il mondo con le sue spoglie e privare il reo della vista degli elementi naturali e di una sepoltura come scriveva l’imperatore Costantino; mentre il bestiario che fa da corredo al supplizio per alcuni è legato al ferocia di questi animali ma probabilmente è frutto solo della crudeltà dei carnefici non essendo tale prassi codificata originariamente.

La poena cullei ebbe un corrispettivo medievale, la pena della mazzeratura prevista per i traditori della corona che per la morale medievale avevano tanto di sovvertire le leggi naturali essendo il re tale per volontà divina. Il supplizio in questo caso si semplificava: il condannato veniva cucito in un sacco e gettato in acqua.

Proseguendo nei secoli ricordiamo come il codice penale napoleonico prevedeva che il parricida venisse condotto al patibolo scalzo e con un velo nero sul capo (forse antico retaggio del cappuccio romano), quindi seguiva l’amputazione della mano della mano destra seguiva la decapitazione.

(Antonino Scaduto)

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