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La “scatola nera” come prova: dubbi sulla legittimità costituzionale

La “black box”, comunemente nota come “scatola nera”, è sempre più presente su migliaia di autovetture, in virtù dei vantaggi- anche economici- che ne comporta l’installazione. Ma di recente è stata sollevata questione di legittimità costituzionale in ordine al suo status di prova nei procedimenti civili.

Il Giudice di Pace di Barra con l’ordinanza del 30/09/2017 ha ritenuto necessario far intervenire la Corte Costituzionale circa la possibile illegittimità che riguarderebbe l’utilizzo come prova nei procedimenti civili della cd. “scatola nera”, nonostante un riconoscimento in tal senso operato dal Legislatore stesso.

La modifica al Codice delle Assicurazioni: il nuovo “ruolo” della scatola nera

La L. 124/17 aveva introdotto alcuni mesi fa il nuovo art. 145-BIS all’interno dell’impianto originario del D. Lgsl. 209/2005 (meglio noto come “Codice delle assicurazioni)”. ”Quando uno dei veicoli coinvolti in un incidente- si legge nella prima parte della nuova norma– risulta dotato di un dispositivo elettronico che presenta le caratteristiche tecniche e funzionali stabilite ai sensi dell’art. 132-ter, comma 1, lett. b) e c),  le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono” .

La norma sembrava poter trovare applicazione al caso prospettatosi dinanzi al Giudice di Pace partenopeo. Infatti non solo si  trattava nello specifico di un incidente stradale verificatosi nel 2016, ma la difesa del convenuto aveva inteso disattendere la storicità del fatto indicato nella citazione proprio  depositando le risultanze telematiche di un dispositivo “Vodafone Automotive”, presente sulla propria automobile, e rivendicandone il valore di prova legale.

Il possibile contrasto con l’art. 111 Costituz.

Il Giudice di Pace adito parte da una considerazione del dettato complessivo dell’art. 145-BIS, dove , tra l’altro si precisa che “…le risultanze del dispositivo formano piena prova… salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo”. Sembrerebbero emergere frizioni con i principi del “giusto processo” come attualmente cristallizzati nell’art.111 della Costituzione Italiana e nell’art. 6 della CEDU.

In primo luogo una prova del genere non verrebbe a formarsi nel pieno contraddittorio delle parti, bensì costituisce un documento, prodotto da terzi (e precisamente la società privata che gestisce i report della “black box”) in grado di sfuggire anche al controllo dell’autorità giudiziaria.

Ma l’aspetto che il Giudice di Pace non esita a definire una vera e propria “anomalia” è un altro. “Non è la parte che deposita il documento -si legge nell’ordinanza- a dover dimostrare la legittimità delle acquisizioni e la correttezza delle risultanze della scatola nera, bensì quella contro la quale il documento è prodotto che deve  fornire la prova (pena l’eventuale soccombenza nel giudizio), che tali risultanze sono falsate perché il dispositivo è malfunzionante o manomesso”. 

Tutto ciò si traduce in un pericoloso squilibrio nella ripartizione dell’onere probatorio a danno di una sola parte, con evidente violazione del principio di “parità delle armi”, visto che solo una delle parti in giudizio in questo modo potrà disporre di strumenti tecnico-processuali in grado di condizionare il giudizio a proprio favore.

Un pregiudizio al diritto di difesa

Un meccanismo del genere finisce inoltre col ledere lo stesso diritto di difesa di cui all’art. 24 Costituz. La parte contro cui vengono prodotte le risultanze della scatola nera “…non avrà altra scelta  che quella di richiedere una consulenza tecnica di ufficio , la quale non costituisce, salvo casi eccezionali, un mezzo di prova in senso tecnico, e solo qualora il giudice dovesse ritenere le risultanze della c.t.u. di pari efficacia di quelle rappresentate nella prova legale , potrà riacquistare la libertà di scelta delle prove ai fini del proprio convincimento”.

Prevedibili sono le conseguenze negative, sia in termini di allungamento dei tempi processuali (dovendosi in tal caso aprire un apposito subprocedimento) che di  aggravio di oneri economici (dato il costo di una c.t.u.).

Tra utilità pratica ed incertezza normativa

Sarà senza dubbio interessante vedere quale sarà la posizione della Consulta, che non potrà non tener conto di altre circostanze. Da un lato, c’è l’ innegabile utilità legata all’utilizzo della scatola nera come prova, soprattutto al fine di contrastare i numerosi casi di truffe assicurative. Dall’altro lato però, si riscontra la presenza di un quadro normativo non ancora completo, come evidenziato dallo stesso Giudice a quo: come si può leggere nell’ordinanza esaminata, “…per tali dispositivi non sono ancora indicati con precisione i controlli necessari al loro perfetto funzionamento ,dove la norma censurata fa tuttavia salvi, “in quanto equiparabili, i dispositivi elettronici già in uso alla data di entrata in vigore delle citate disposizioni”, con la conclusione che alle risultanze di questi ultimi è conferito il valore di prova legale pur in assenza di adeguata copertura regolamentare”.

Antonio Cimminiello

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