Quid iuris se la sentenza riporta l’indicazione di un collegio diverso, per composizione, da quello innanzi al quale sono state precisate le conclusioni ?
Collegio diverso e principio d’immutabilità del giudice
Può il giudice che pronuncia la sentenza essere diverso da quello che ne ha avuto la piena cognizione?
Esiste un principio d’immutabilità del giudice nel nostro ordinamento?
Ebbene sì, il principio della immutabilità del giudice è un principio generale del nostro ordinamento processuale.
Risponde alla “necessità che chi decida conosca” .
Vuole, quindi, assicurare che il giudice che pronuncia la sentenza sia esattamente quello che ne abbia avuto la piena cognizione.
Anche i collegi delle Corti d’appello sono soggetti al principio dell’immutabilità del collegio.
Esso trova la propria traduzione, nell’art. 276, comma l, c.p.c. e nell’art. 525, comma 2, c.p.
Qual è il momento in cui tale principio “inizia” ad operare?
Per quanto riguarda il giudizio civile, la giurisprudenza ha stabilito che il principio della immutabilità del Giudice collegiale fissato nell’art. 276 c.p.c. trova attuazione solo dal momento dell’apertura della discussione e fino alla delibazione della decisione.
Irrilevante è la diversa composizione del collegio nelle fasi anteriori.
Il principio de quo opera non in assoluto, ma relativamente alle singole fasi in cui si articola il giudizio.
Va, quindi, valutato esclusivamente in relazione alla decisione che segue la discussione.
Ne consegue che può ritenersi colpito da nullità assoluta, ai sensi dell’art. 158 c.p.c., soltanto il provvedimento emesso da un giudice che non ha partecipato alla relativa discussione.
In particolare, il principio di immutabilità del giudice di cui all’art. 276 c.p.c., secondo il quale alla decisione della causa possono partecipare solo i giudici che hanno assistito alla discussione, non si estende alle udienze svolte in precedenza, alle udienze di mero rinvio o, nel giudizio di appello, alle udienze di decisione sull’istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata.
Principio di immutabilità del giudice: quid iuris se è violato?
Quid iuris se è violato il principio di immutabilità del giudice?
La non corrispondenza del collegio così come riportato nell’epigrafe della sentenza con quello innanzi al quale sono state precisate le conclusioni può dar vita, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, a due diverse situazioni.
Le due situazioni si differenziano a secondo che tale non corrispondenza debba ritenersi o non, secondo le circostanze, effettiva.
Nella prima ipotesi, si afferma costantemente che in tema di deliberazione collegiale della decisione, l’art. 276, primo comma, c.p.c. va interpretato nel senso che i giudici che deliberano la sentenza devono essere gli stessi dinanzi ai quali sono state precisate le conclusioni.
Pertanto, in grado di appello, in base alla disciplina di cui al novellato art. 352 c.p.c., il collegio che delibera la decisione deve essere composto dagli stessi giudici dinanzi ai quali è stata compiuta l’ultima attività processuale (cioè la discussione o la precisazione delle conclusioni).
Ne consegue la nullità della sentenza nel caso di mutamento della composizione del collegio medesimo.
Nel secondo caso, si osserva, invece, che in materia di provvedimenti collegiali del giudice civile, la sentenza, nella cui intestazione risulti il nominativo di un magistrato, sia pur non tenuto alla sottoscrizione, diverso da quello indicato nel verbale dell’udienza collegiale di discussione, deve presumersi affetta da errore materiale.
Risulta, pertanto, emendabile con la procedura di correzione di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., atteso che detta intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria e che i magistrati i quali hanno partecipato alla deliberazione della sentenza.
In difetto di elementi contrari, che è onere del ricorrente indicare, si devono ritenere coincidenti con quelli indicati nel verbale dell’udienza.
Nel caso esaminato, la Corte di Cassazione- sentenza 6 dicembre 2016 n. 24951-deduce che la sentenza impugnata è nulla per violazione degli artt. 158, 275 e 276 c.p.c., in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., in quanto deliberata da un collegio diverso (quanto alla persona del consigliere anziano) da quello innanzi al quale sono state precisate le conclusioni.
Nello specifico, la stessa parte controricorrente ha dichiarato di rimettersi a giustizia e di non formulare deduzioni al riguardo (salvo osservare che l’eventuale annullamento della sentenza impugnata non potrebbe avvenire senza rinvio).
Deve, pertanto, ritenersi- rileva la Corte- che la differenza di composizione collegiale sia effettiva, con la conseguente nullità della sentenza impugnata.
Sabrina Nista