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Lavoro in malattia: lavoratore licenziabile solo se pregiudica la guarigione

A chi non è capitato di farsi male sul luogo di lavoro e di doversi assentare causa malattia? E purtroppo le probabilità di incidenti aumentano quando si svolgono attività in cui la buona prestanza fisica è uno dei requisiti primari.

Durante questo periodo, è d’obbligo la permanenza a casa negli orari previsti dalla legge per le visite domiciliari da parte del medico del lavoro, per verificare le vostre reali condizioni fisiche; per il resto sta a voi usare i metodi migliori per guarire quanto prima.

Ma se si viene beccati a svolgere un’altra attività? La Cassazione è stata chiamata recentemente ad esprimersi sull’argomento; vediamo nel dettaglio.

Malattia e licenziamento: il caso

Il Tribunale di Cosenza accoglieva il ricorso di una società per il licenziamento di un suo lavoratore che, con qualifica e mansioni di autotrenista, durante un periodo di assenza dal lavoro per malattia, aveva svolto attività lavorativa incompatibile con l’infermità a seguito dell’infortunio sul lavoro (contusione a spalla e polso sinistro, con infermità dichiarata dall’INAIL).

Dalle risultanze dell’attività investigativa disposta dal datore di lavoro, emergeva che il lavoratore licenziato aveva svolto, durante il periodo di malattia, attività lavorativa presso l’esercizio commerciale del figlio, dove si recava con la propria autovettura, occupandosi dell’apertura e chiusura del negozio (si precisa, mediante dispositivo elettronico) e spostando carichi pesanti e vasi con piante.

Il lavoratore, convinto delle proprie ragioni, promuoveva ricorso dinnanzi alla Corte d’Appello territorialmente competente, la quale, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva il ricorso del lavoratore.

La società appellata, senza perdersi d’animo, proponeva ricorso dinnanzi alla Corte di Cassazione.

Malattia e licenziamento: la decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 21667 pubblicata il 19 settembre 2017, ha rigettato il ricorso, confermando quando esposto dalla Corte d’Appello di Catanzaro.

Nel caso di specie, i giudici di Piazza Cavour, hanno precisato che lo svolgimento di un’altra attività lavorativa, in violazione dell’obbligo di fedeltà a carico del lavoratore, come disposto dall’art. 2105 c.c., e dei principi di correttezza e buona fede da tenersi anche nei comportamenti extra lavorativi, secondo quanto disposto dagli artt. 1175 e 1375 c.c., può legittimare il licenziamento, ma solo ove si tratti di una circostanza sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia o quando pregiudichi o ritardi la guarigione e il rientro del lavoratore in servizio.

La Corte, per meglio spiegare le proprie ragioni, ha riportato quanto espresso già in precedenza per un caso analogo, secondo cui: «lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia è idoneo a giustificare il recesso del datore di lavoro per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà ove tale attività esterna, prestata o meno a titolo oneroso, sia per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una sua fraudolenta simulazione, ovvero quando, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, l’attività stessa possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore (Cass. Civ., sent. n. 24812 del 2016)».

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, tuttavia, la condotta tenuta dall’uomo non rappresenta una violazione dei doveri di correttezza e buona fede né degli obblighi di diligenza e fedeltà.

L’attività svolta, infatti, poteva essere astrattamente riconducibile a una prestazione lavorativa, tuttavia non risultava idonea a pregiudicare la guarigione del lavoratore, né tanto meno ad avvalorare l’ipotesi di inesistenza della malattia: la guida dell’automobile e il compimento di attività non particolarmente faticose (come la chiusura/apertura del negozio a mezzo di dispositivo elettronico e lo spostamento di piante di piccole dimensioni), non potevano ritenersi espressione di simulazione di malattia (non essendovi stata, peraltro, la prescrizione di particolari dispositivi o cure quali uso di tutori o immobilismo), a differenza dello svolgimento dell’attività lavorativa del resistente, consistente nel guidare camion con l’obbligo di scarico delle merci da questo trasportate, era incompatibile con lo stato contusivo diagnosticato.

Maria Teresa La Sala

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