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Legnini, ormai l’avviso di garanzia è diventato una specie di gogna

“Nel corso degli anni l’informazione di garanzia ha subito, nella percezione collettiva, una sorta di mutazione genetica: da strumento di garanzia per l’indagato si è trasformata spesso in una gogna anche in virtù della frequente amplificazione e della strumentalizzazione politica”. Lo sottolinea Giovanni Legnini vicepresidente del Csm, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’. Dice Legnini che “lo stesso accade spesso anche con la semplice notifica della proroga delle indagini. Tutto ciò è incompatibile con i più elementari principi costituzionali”.

Si ricorda che il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone ha inviato ai colleghi nuove disposizioni, invitando alla “prudenza” e a non avere fretta “sull’iscrizione di un indagato”. L’iniziaitiva di Pignatone, a detta del vicepresidente del Csm, “mira ad assicurare la corretta gestione delle attività di indagine sin dal momento della sua genesi. E’ un atto di indirizzo che costituisce anche uno dei buoni frutti della riforma del processo penale, in fase di attuazione”.

Legnini pensa che “nel nostro Paese si possa fare crescere la cultura delle garanzie senza in alcun modo incidere sul principio dell’obbligatorietà dell’azione penale nè sul rigore dell’accertamento del reato. Si può essere garantisti senza pensare di frapporre ostacoli alle indagini. Anzi. Ritengo che proprio dal rispetto dei diritti delle persone indagate, rigorosamente nel solco dei principi costituzionali e del diritto europeo, possa discendere un recupero di fiducia nei confronti della magistratura e della funzione della giurisdizione nell’ordinamento e nella società”.

 

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