Nuove pronunce della Corte di Cassazione sulla legittimità di una molto discussa tipologia di licenziamento: il licenziamento per scarso rendimento. La Corte, con due importanti pronunce di novembre 2017, cerca di chiarire i confini tra licenziamento legittimo ed illegittimo; confini spesso incerti e difficili da cogliere in base alle circostanze del caso concreto.
Licenziamento per scarso rendimento: i profili di illegittimità
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 26677 del 10 novembre 2017, ha concordato con i giudici di meriti nel ritenere illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore accusato di scarso rendimento.
Un giudice del lavoro di Roma accoglieva l’impugnazione proposta da un lavoratore, un venditore di auto aziendali, avverso il licenziamento intimatogli per scarso rendimento nel 2011, condannando il datore di lavoro alla reintegra del lavoratore ai sensi dell’art. 18 L. n. 300/70 nonché al risarcimento del danno biologico sofferto dal dipendente illegittimamente licenziato.
La Corte d’Appello adita rigettavo l’impugnazione, ritenendo che non sussistevano gli estremi della negligenza inadempiente, tale da poter giustificare il licenziamento per scarso rendimento del dipendente.
Infatti, il rapporto di lavoro subordinato comporta a carico del dipendente “soltanto” l’obbligo di impiegare le proprie energie lavorative e non implica anzi il raggiungimento di un certo risultato, con la conseguenza che, per legittimare il licenziamento per scarso rendimento, occorre che il datore provi rigorosamente il comportamento negligente del lavoratore, in quanto elemento costitutivo del recesso per giustificato motivo soggettivo, e che l’inadeguatezza della prestazione resa non sia imputabile all’organizzazione del lavoro da parte dell’imprenditore e a fattori socio-ambientali.
Veniva perciò adita la Suprema Corte di Cassazione la quale confermava l’illegittimità del licenziamento intimato per scarso rendimento.
Il principio alla base della pronuncia della Corte è quello per cui, ai fini della legittimità di tale forma di licenziamento, occorre che venga provato dal datore di lavoro, attraverso elementi precisi, concreti e attuali, l’inadempimento del lavoratore e il non assolvimento dei suoi obblighi contrattuali. In ogni caso in cui invece il dipendente abbia correttamente svolto la sua prestazione lavorativa, pur senza raggiungere i risultati auspicati dall’azienda, qualora ciò dipenda da motivi organizzativi/produttivi e non da colpa del lavoratore, non potrà essere intimato il licenziamento. Nel caso di specie, risultava che il lavoratore aveva adempiuto i suoi compiti, redigendo numerosi preventivi ed effettuando i tentativi di vendita e il fatto che il numero di vendite non fosse in linea con le statistiche del mercato non era imputabile a negligenza ed inadempimento del dipendente.
Licenziamento per scarso rendimento: quando è lecito?
In un’altra importante pronuncia, la sentenza n. 26859 del 14 novembre 2017, la Cassazione sezione lavoro ha invece ritenuto legittimo il licenziamento per scarso rendimento di un dipendente di Poste Italiane accusato di non soddisfare adeguatamente gli standard qualitativi imposti nel settore dello smistamento postale.
In effetti, nel caso concreto, la Corte d’Appello e poi la Corte di Cassazione, ritenevano legittimi il licenziamento ravvisando l’ipotesi dello scarso rendimento in quanto il lavoratore, anche in virtù delle particolari condizioni fisiche in cui versava, non era effettivamente in grado di svolgere la prestazione lavorativa richiesta, non riuscendo a smistare il quantitativo di posta richiesto dagli standard richiesto per il numero di ore lavorative.
Dunque, in base alla ricostruzione operata dalla Corte di cassazione in queste sentenze, risulta indispensabile valutare le circostanze del caso concreto ai fini della declaratoria di illegittimità del licenziamento per scarso rendimento, incombendo in ogni caso in capo al datore di lavoro la prova della negligenza e dell’inadempimento del dipendente.
Martina Scarabotta