Di recente la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del reato previsto dall’articolo 90 del testo unico delle leggi per la composizione e l’elezione degli organi delle amministrazioni comunali, confermando la condanna di un imputato, reo di aver formato false liste di elettori a favore di un partito politico. I nominativi degli elettori erano infatti riferiti a persone che non avevano manifestato alcuna adesione al partito, oppure si trattava di minorenni, quindi non legittimati al voto, di soggetti invalidi al 100% o addirittura di defunti.
L’imputato aveva impugnato la sentenza della Corte d’appello di Milano affermano che la presenza di deceduti o invalidi negli elenchi e la richiesta dei certificati non sarebbe prova di una violazione di prescrizioni di legge. Secondo la difesa, infatti, solo la presentazione presso la Commissione elettorale provinciale di una lista con sottoscrizioni non autentiche, rilevate e denunciate dalla stessa Commissione, integra il reato contestato.
La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché il reato previsto dall’art. 90 può avere ad oggetto qualsiasi documento elettorale. Secondo i giudici della Suprema Corte “la presentazione della lista dei candidati alle elezioni costituisce una fattispecie a formazione progressiva, composta dalla dichiarazione dei presentatori di lista, dell’elenco nominativo dei candidati designati, dalle sottoscrizioni dei presentatori ed infine dall’autenticazione di esse da parte del pubblico ufficiale designato dalla legge”. Dunque ipotesi di falsità possono cadere su qualunque documento che abbia rilievo nelle diverse fasi del procedimento, anche se non ancora presentato agli uffici elettorali. In questo caso la condotta contestata riguardava un documento elettorale, l’elenco dei sottoscrittori della lista elettorale, per i quali era stato richiesto il rilascio dei certificati elettorali. Inoltre la Cassazione ha sottolineato che per integrare il reato non ha rilevanza il fatto che tale documento fosse stato presentato agli uffici elettorali. Per questi motivi la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 45961/2017, ha dichiarato ricorso inammissibile il ricorso dell’imputato, ha confermato la pena di un anno e otto mesi di reclusione a lo ha condannato al pagamento delle spese processuali.
Eliseo Davì