Mai più aragoste vive sul ghiaccio, è maltrattamento di animali: la sentenza della Cassazione
Mai più aragoste vive sul ghiaccio, è maltrattamento di animali: a stabilirlo, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30177/2017, facendo seguito al ricorso presentato dal proprietario di un locale di Campi Bisenzio (Firenze), ritenuto inammissibile.
Il ristoratore è stato condannato per aver detenuto aragoste e granchi vivi sul ghiaccio con le chele legate, confermando la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Firenze.
Mai più aragoste vive sul ghiaccio: i fatti
La parte era stata condannata, nel 2014, alla pena di 5 mila euro di ammenda e al risarcimento dei danni alla Lega Anti Vivisezione Onlus poiché, in qualità di direttore del ristorante, aveva detenuto alcuni crostacei vivi in cella frigorifera e con le chele legate, in attesa che venissero cucinati. Gli animali versavano dunque in condizioni incompatibili con la loro natura, produttive di gravi sofferenze.
La vicenda era scaturita da un esposto della Lega Anti Vivisezione, presentato nell’ottobre del 2012, con cui si denunciavano le condizioni di detenzione di alcuni crostacei all’interno del ristorante. Gli agenti della Polizia municipale avevano effettuato due sopralluoghi: all’interno di due frigoriferi furono rinvenuti aragoste e granchi vivi con le chele legate, esposti a temperature tra 1.1 e 4.8 gradi centigradi.
Emessa ad aprile 2014 dal Tribunale di Firenze e confermata poi dalla Corte di Cassazione, la sentenza si fonda su dati scientifici: i crostacei sono in grado di provare dolore e di averne memoria e, per tali ragioni, la detenzione di tali animali vivi a temperature prossime allo zero e con le chele legate configurala fattispecie di reato.
Sul caso interviene, in qualità di parte civile, anche la Lega Antivivisezione Onlus (LAV) sostenendo come «il posizionamento degli animali sul ghiaccio, anche se avvolti in sacchetti a tenuta, sia assolutamente inappropriato tanto come metodo anestetico che come metodo di stoccaggio, poiché il contatto diretto con il ghiaccio determina asimmetria della perfrigerazione, sbalzo improvviso di temperatura, shock ipo-osmotico da acqua di scioglimento o da condensa, ipossia e stress anaerobico».
Mai più aragoste vive sul ghiaccio: la decisione
Si legge, tra le righe della sentenza che «deve quindi ritenersi che, al pari della tutela apprestata nei confronti degli animali di affezione, integra il reato ritenuto in sentenza la detenzione dei crostacei secondo modalità per loro produttive di gravi sofferenze e, per altro, adottate per ragioni di contenimento di spesa, con la conseguenza che, nel bilanciamento tra interesse economico e interesse (umano) alla non-sofferenza dell’animale, è quest’ultimo che, in tal caso, deve ritenersi prevalente e quindi penalmente tutelato, in assenza di norme o di usi riconosciuti in senso diverso».
La Cassazione pone enfasi sul fatto che, sebbene la consuetudine sociale di cucinare i crostacei ancora vivi non escluda che le modalità di detenzione degli animali possano costituire “maltrattamenti”, non può e non deve essere considerata come una consuetudine socialmente apprezzata quella di detenere siffatta specie di animali a temperature così rigide.
Eloisa Zerilli