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Maltrattamento di animali: un altro caso sanzionato dalla Cassazione

E’ ammesso il sequestro preventivo per maltrattamento di animali ogni qualvolta questi siano tenuti in condizioni incompatibili con la loro natura.

La tutela degli animali è un argomento che, ormai, non passa inosservato agli occhi della giurisprudenza italiana soprattutto se si tratta di qualificare le condizioni di vita in cui vivono gli animali stessi. Uno dei recenti casi che ha interessato la Corte di Cassazione si è svolto proprio a Catania dove A. G., di anni 45, ha subìto il sequestro preventivo sugli animali da lui tenuti in custodia poiché accusato di maltrattamento nei loro confronti.

animali39IL CASO. La vicenda è nata nel 2016 quando il giovane A.G. viene accusato di maltrattamento (ai sensi dell’articolo 727 c.p.) per aver tenuto i suoi quattro cavalli e il suo cane in condizioni di vita incompatibili con la loro natura, in condizioni igienico sanitarie precarie e ricoverati in luoghi angusti, umidi e privi di aperture verso l’esterno.

Per tale motivo, il GIP del Tribunale di Catania aveva emesso il decreto di sequestro preventivo ravvisando la sussistenza del fumus commissi delicti (appunto per le pessime condizioni di vita in cui vivevano gli animali) e del periculum in mora (per evitare la protrazione delle conseguenze dannose del reato).  Avverso detto provvedimento l’uomo aveva proposto ricorso al Tribunale del riesame di Catania il quale, però, lo aveva respinto.

A fronte di ciò, l’indagato ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo la violazione dell’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) del c.p.p. ed il vizio di illogicità della motivazione. In particolare, il ricorrente ha sostenuto che il giudice di prime cure ha errato nel concedere il sequestro preventivo poiché, ai fini della valutazione dei requisiti del maltrattamento di animali, di cui all’art. 727 c.p., non è sufficiente solo indicare le condizioni di vita in cui essi si trovano ma bisogna anche dimostrare che dette condizioni abbiano provocato agli stessi delle gravi sofferenze, riconducibili – ad esempio – a lesioni dell’integrità fisica degli animali. Cosa non dimostrata e non provata dalla pubblica accusa.

L’ESITO. La Cassazione ha rigettato il ricorso proposto ritenendolo inammissibile in quanto basato su un motivo manifestamente infondato. Gli Ermellini, infatti, nella sentenza n. 2748/2018 ripercorrendo la giurisprudenza degli ultimi anni, hanno ribadito che il reato di maltrattamento di animali si ha ogni qualvolta questi vengano detenuti con modalità tali da arrecare loro gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura. Ai fini della configurazione del reato previsto dall’articolo 727 c.p., non è necessario che sia effettivamente tangibile una lesione fisica a danno dell’animale ben potendo, invece, essere sufficiente la mera lesione anche psicofisica. Il fatto che i quattro cavalli e il cane vivessero in spazi angusti, umidi, privi di luce, sporchi, senza un ricambio di acqua costante – secondo la Cassazione – è sufficiente ad integrare una menomazione all’integrità e al benessere psicofisico dell’animale ribadendo, quindi, la ratio delle precedenti pronunce in tema.

Per tale motivo, il ricorso è stato rigettato ed A.G. è stato condannato a versare la somma equitativa di € 2.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Rosa d’Aniello

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