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Manufatto pubblicitario: può costituire abuso edilizio

Anche una struttura destinata a scopi pubblicitari può integrare un abuso edilizio. A sostenerlo la Suprema Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 6872/2017, ha confermato la condanna per i reati di cui agli artt. 110, cod. pen., 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001 (capo A) e 110, cod. pen., 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, per la realizzazione di opere edilizie in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed in assenza di permesso di costruire e senza l’autorizzazione dell’autorità preposta al vincolo. Condannati la proprietaria del suolo e del manufatto, il legale rappresentante della società delle case mobili e gli operai, quali esecutori dei lavori.

Il caso

L’imputata aveva fatto realizzare all’interno del proprio fondo un modulo abitativo prefabbricato, al quale era asservito un manufatto di dodici metri composto di polistirolo (per fini pubblicitari), collocato sopra una piattaforma di cemento. Tuttavia, la struttura era stata dotata di confort inusuali per il fine di mera promozione commerciale al quale doveva essere asservita. All’interno del medesimo fondo, infatti, erano stati realizzati gli allacciamenti elettrici, idrici e fognari destinati a servire il manufatto sotto il cui pavimento erano stati predisposti gli alloggiamenti per le tubature idriche e gli impianti elettrici. Il bagno era, altresì, stato dotato di uno scaldabagno elettrico. Nel manufatto erano state inserite le scatole per gli interruttori elettrici ed i relativi interruttori. Sul perimetro del fondo erano state realizzate delle aiuole e piantati degli alberi. La donna ricorreva in Cassazione, sostenendo a propria discolpa la natura precaria delle opere realizzate.

La parola ai Giudici

La natura precaria dell’opera edilizia non deriva dalla tipologia dei materiali impiegati per la sua realizzazione né dalla sua facile amovibilità; quel che conta è la oggettiva temporaneità e contingenza delle esigenze che l’opera è destinata a soddisfare. Infatti, a ben vedere, il dettato normativo, nel definire gli interventi di “nuova costruzione”, per i quali è necessario il permesso di costruire o altro titolo equipollente individua – tra gli altri – i manufatti leggeri e le strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come depositi, magazzini e simili e “che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee” . Pertanto, la oggettiva destinazione dell’opera a soddisfare bisogni non provvisori, la sua conseguente attitudine ad una utilizzazione non temporanea, né contingente, è criterio da sempre utilizzato dalla giurisprudenza della Corte per distinguere l’opera assoggettabile a regime concessorio (oggi permesso di costruire) da quella realizzabile liberamente, a prescindere dall’incorporamento al suolo o dai materiali utilizzati (Sez. 3, Sentenza n. 9229 del 12/02/1976, Sez. 3, Sentenza n. 1927 del 23/11/1981, Sez. 3, Sentenza n. 5497 del 11/03/1983, Sez. 3, Sentenza n. 6172 del 23/03/1994, Sez. 3, Sentenza n. 12022 del 20/11/1997, Sez. 3, Sentenza n. 11839 del 12/07/1999, Sez. 3, Sentenza n. 22054 del 25/02/2009). Nemmeno il carattere stagionale dell’attività implica di per sé la precarietà dell’opera (Sez. 3, Sentenza n. 34763 del 21/06/2011, Sez. 3, Sentenza n. 13705 del 21/02/2006, Sez. 3, Sentenza n. 11880 del 19/02/2004, Sez. 3, Sentenza n. 22054 del 25/02/2009 cit.).

Duro colpo anche per gli operai

Anche gli operai, materiali esecutori dei lavori, rispondono del reato a titolo di concorrenti (Cass., Sez. 3, n. 16751 del 23/03/2011. Nel caso in esame, gli operai non si erano limitati a collocare sul posto il manufatto ma erano intenti ad effettuare lavori di allaccio alle reti idrica ed elettrica che concorrevano a rendere oggettivamente stabile l’opera edilizia, realizzata in totale assenza di permesso di costruire e di qualsiasi altra autorizzazione.

Domenica Maria Formica

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