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Minacciare di suicidarsi per evitare il fermo dell’auto? È reato (di resistenza a pubblico ufficiale)

Minacciare di suicidarsi usando liquido infiammabile in seguito a un fermo da parte delle forze dell’ordine e perché trovati non in possesso di patente e di regolare documentazione della macchina è reato. Si tratta, in particolare, di resistenza a pubblico ufficiale per come previsto dall’articolo 337 del Codice Penale. Così si è espressa la sesta sezione penale della Corte di Cassazione, rigettando con una sentenza — la n. 26869/2017—  il ricorso di un uomo già condannato dai giudici di merito per il reato in questione.

I motivi del ricorso: minaccia o resistenza passiva?

Il conducente, fermato dai carabinieri, era stato trovato alla guida senza patente, privo della documentazione della macchina e senza il necessario bollo assicurativo. Alla richiesta degli agenti di poter effettuare i necessari controlli e di procedere con il fermo amministrativo della vettura, allora, aveva risposto barricandosi nell’abitacolo e minacciando di darsi fuoco con del liquido infiammabile se gli avessero tolto la macchina, di fatto impedendo ai pubblici ufficiali di svolgere le loro normali funzioni.

Due i principali motivi di ricorso. In primis, fa notare la difesa, il comportamento del imputato non potrebbe essere fatto rientrare nella fattispecie coperta dall’articolo 337 del c.p.: si sarebbe trattato solo di «resistenza passiva» e la minaccia, anche qualora potesse essere effettivamente messa in pratica (non nel caso in questione, considerato che il liquido in possesso del guidatore tra l’altro non era infiammabile), non avrebbe comunque comportato danni che per il singolo imputato. In più, sarebbe stato ignorato dai giudici di secondo grado il fatto che quella di scendere dal veicolo rimaneva comunque una richiesta «arbitraria», in seguito alla quale il conducente sarebbe potuto andar via e non partecipare all’atto della contestazione.

È reato di resistenza a pubblico ufficiale qualsiasi comportamento passivo che ne limiti l’azione

Nella sentenza, invece, la Cassazione ribadisce come quella dell’imputato non possa essere considerata semplicemente una resistenza passiva: con la minaccia di suicidarsi dandosi fuoco all’interno dell’abitacolo della macchina l’uomo ha di fatto avuto un «comportamento positivo», atto a impedire ai pubblici ufficiali in questione di svolgere normalmente le proprie funzioni. In particolare, fa notare la sentenza, per integrare il reato di resistenza a pubblico ufficiale è sufficiente secondo la giurisprudenza di legittimità «qualsiasi coazione, anche morale» che abbia come effetto una limitazione della libertà di azione dell’ufficiale. In altre parole? Anche una minaccia indiretta, un condotta o un proposito autolesionistici che abbiano come risultato quello di impedire o contrastare l’azione degli agenti, come nel caso in questione, sono reati da ricondurre all’articolo 337 del Codice Penale.

Per tornare al caso di specie poco vale poi che, come aveva fatto notare la difesa, non si trattasse di una minaccia concretamente realizzabile, considerato che il liquido posseduto dall’uomo non era infiammabile (anzi, la bottiglia si era rivelata addirittura vuota). Gli agenti che avevano fermato l’automobile, infatti, non potevano esserne a conoscenza e, stando ancora alla disciplina in materia, l’idoneità della minaccia con cui ci si oppone al pubblico ufficiale va comunque valutata ex ante: ciò significa che si possono solo valutare le circostanze oggettive e soggettive del fatto e che, a meno che la minaccia non appaia del tutto infondata e priva di serietà, il fatto che la stessa minaccia sia irrealizzabile non esclude il reato. Impossibile applicare, infine, nel caso in questione le esimenti previste dall’articolo 393-bis c.p.: non si è trattato, infatti, certo di atti arbitrari o ai limiti delle attribuzioni di un pubblico ufficiale, dal momento che in pieno rispetto del vigente codice della strada gli agenti, dopo un normale controllo e avendo accertato la mancanza di patente, libretto di circolazione e assicurazione, procedevano a predisporre il fermo amministrativo dell’autovettura.

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