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Misura cautelare e videoriprese: necessaria una valutazione giudiziale completa

La Sezione Penale della Corte di Cassazione, si è espressa sull’incidenza di videoriprese, fotografie e fermi immagine per la conferma di una misura cautelare. Vediamo nel dettaglio    

L’occhio elettronico ha colpito ancora, causando problemi ad un personaggio, conosciuto alle forze dell’ordine, colto in flagranza nella coltivazione di cannabis e sottoposto a misura cautelare.

Ma quali requisiti deve rispettare, a livello processuale, una videoripresa per poter essere utilizzata ai fini dell’emissione di un provvedimento?

Vediamo nel dettaglio

Misura cautelare e videoriprese: il caso

Con ordinanza del 09/05/2016 il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, confermando quanto già emesso con ordinanza dal GIP di Locri, disponeva l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di un soggetto provvisoriamente accusato di concorso nella coltivazione di cannabis.

Per la conferma dell’ordinanza, il Tribunale valorizzava il contenuto di due filmati in cui si vedevano handcuffs-marijuanaquattro persone impegnate a raccogliere le foglie di marijuana e a riporle in cassette per essere trasferite altrove.

L’imputato, avverso l’ordinanza, promuoveva ricorso dinnanzi alla Suprema Corte, deducendo vari profili di censura, tra cui la possibilità di desumere gravi indizi di colpevolezza da immagini estrapolate da un filmato non allegato alla richiesta cautelare, in quanto il giudice non sarebbe stato posto nelle condizioni di valutarne direttamente il contenuto.

Misura cautelare e videoriprese: la decisione della Suprema Corte

La sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza del 16 dicembre 2016, n. 3624, ha sancito che il Tribunale del riesame non può confermare la misura cautelare della custodia in carcere disposta nei confronti di un indagato solo sulla base di una comparazione tra fermi immagini, estratti da videoriprese, e fotografie operata dalla polizia giudiziaria, annullando l’ordinanza e chiarendo che la conferma ottenuta da una consulenza tecnica disposta dal Pm non cambia le cose.

All’origine della questione, come scrive la Cassazione, vi è il dato incontestato che i filmati non sono stati allegati agli atti trasmessi al Tribunale del Riesame ma «neanche al GIP e probabilmente neppure al PM», essendo stati visti solo dal personale di polizia giudiziaria.

Tuttavia, i giudici di Piazza Cavour, precisano che la giurisprudenza della Suprema Corte più volte si era espressa sul punto, affermando che «non costituisce violazione dell’art. 309 co. 5 c.p.p. (Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva – comma 5 “ Il presidente cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell’articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini.”) la circostanza che il PM, selezionando gli atti da produrre a sostegno della richiesta di applicazione della misura cautelare, abbia trasmesso, in luogo della video registrazione, annotazioni di servizio in cui erano riportati i dati relativi a quanto videoregistrato (n. 39923/2008 e 8837/2013)».giudice1

Nel caso specifico, però, l’indagato è stato identificato anche grazie al lavoro di un consulente tecnico ufficiato dal PM che, con la sua competenza professionale, ha riconosciuto piena compatibilità fra le caratteristiche antropometriche di uno dei soggetti ripresi all’interno della piantagione con quelle dell’odierno ricorrente.

La Suprema Corte, ritiene che sia di centrale importanza l’attività dell’esperto, poiché  «atteso che il mancato esame visivo diretto dei filmati da parte di GIP e Tribunale è stato ritenuto superfluo proprio in virtù di un apprezzamento, ritenuto affidabile perché eseguito da soggetto esperto, dei risultati della video riprese stesse», con una conseguente «grave omissione argomentativa» da parte del Tribunale «che ha liquidato le considerazioni critiche svolte dalla difesa con il conforto di una propria consulenza di parte alle scarne e anodine notazioni dell’ordinanza».

Pertanto, conclude la Cassazione, «nel caso in esame non è in discussione, come sostiene il ricorrente, l’effettività del controllo giudiziale sul contenuto degli atti posti a sostegno della domanda cautelare, che vi è stato nei termini anzidetti quanto la completezza della valutazione giudiziale che passa attraverso la dovuta considerazione e l’approfondita valutazione di quegli elementi di critica e confutazione del quadro indiziario provenienti dalla difesa dell’indagato, la cui omissione comporta violazione dell’art. 292, comma 2-ter cod. proc. pen. ove concernenti <specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori> , come tali distinte da generiche deduzioni o indicazioni di elementi ritenuti favorevoli dalla difesa e la cui specifica confutazione s’impone, pertanto, al giudice della cautela così come a quello del riesame (v. Sez. 6, sent. n. 3742 del 09/01/2013, Ioio, Rv. 254216; Sez. 6, sent. n. 13919 del 28/02/ 2005, Baccarini, Rv. 232033; Sez. 6, sent. n. 35675 del 06/07/2004, Segreto, Rv. 229409), evenienza, per quanto detto, non verificatasi nella fattispecie».

In questo caso l’imputato si è salvato dall’occhio elettronico ma attenzione, se tutto procede secondo le regole del caso, l’occhio elettronico potrebbe colpire ancora.

Maria Teresa La Sala

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