Tiziana Cantone, 31 anni, non ha retto alla vergogna e si è uccisa.
La vicenda
Nel maggio 2015 sul web impazza un tormentone “Mi stai facendo un video? Bravoh!”. Protagonista proprio lei, la giovane napoletana, ripresa in atteggiamenti sessualmente espliciti.
Il filmino hard comincia ad essere diffuso. Da poche condivisioni tra amici su what’s app all’approdo in rete il passo è breve.
E’ l’inizio della fine.
La diffusione virale delle immagini, la creazione di parodie con irriverenti fotomontaggi e canzonette, lo scherno continuo, gli insulti, l’impossibilità di tornare alla vita di tutti i giorni.
Il clamore mediatico è così eccessivo che in molti credono si tratti di una trovata pubblicitaria per sponsorizzare una nuova diva a luci rosse. Ma la verità è ben diversa.
Tiziana Cantone, la voglia di essere dimenticata
Le conseguenze della “triste” notorietà si fanno sempre più insopportabili. Tiziana cerca di tornare alla normalità.
Lascia la sua Napoli per rifugiarsi in Toscana con la speranza di poter trovare un minimo di serenità. Chiede di poter cambiare identità: possibilità che le viene accordata.
Il legale della ragazza cita in giudizio Facebook Ireland, Yahoo Italia, Google e Youtube e le persone coinvolte nella diffusione dei video per ottenere la rimozione dal web di qualsiasi contenuto che facesse riferimento a Tiziana ed a quelle immagini.
Un diritto all’oblio che, nonostante il provvedimento giudiziale d’urgenza, tarda a concretizzarsi ed un clamore che fa fatica a spegnersi.
La vergogna, la depressione, i tentativi di farla finita, poi ieri il tragico epilogo.
Tiziana viene rinvenuta in casa cadavere, impiccata con un foulard.
La Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo per istigazione al sucidio.
Una trappola mortale per Tiziana Cantone
Spesso quando si parla di “cyberbullismo” si pensa a crudeli giochi tra ragazzini ed a vittime minorenni, ma non sempre è così e la vicenda di Tiziana lo dimostra.
La tecnologia si è insinuata nella nostra vita di tutti i giorni ed il confine tra virtuale e reale è sempre più labile.
Essere on line permette di essere presenti in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo con milioni di utenti sparsi in tutto il mondo.
Ma cosa può comportare questo?
Il cyberbullo può raggiungere la sua vittima in qualsiasi momento ed in qualsiasi luogo. L’agire del bullo della rete si caratterizza per l’assenza di feedback emotivo in quanto non vedendo direttamente le reazioni della sua vittima ai suoi comportamenti, non riesce ad essere pienamente consapevole del danno che arreca. Questo fa sì che l’aggressore “virtuale” abbassi i livelli di autocontrollo divenendo sempre più aggressivo e disinibito con offese che ledono realmente ed intimamente la dignità della vittima. Purtroppo non si tratta di casi isolati. Oggi stesso, mentre l’Italia è sgomenta e si interroga sulla morte di Tiziana, i giornali danno la notizia di un altro episodio in cui i social network diventano strumento di violenza e di umiliazione. Si tratta di una ragazza riminese violentata e filmata dalle amiche che hanno condiviso il video su WhatsApp.
Rimini, filmata dalle amiche mentre viene stuprata: il video finisce su Whatsapp https://t.co/sjZX9gaMJ4
— la Repubblica (@repubblicait) 14 settembre 2016
È, dunque, necessario prendere coscienza delle insidie della rete per attuare un utilizzo consapevole della comunicazione virtuale.
La rete può far morire di vergogna.
Domenica Maria Formica