Nel giugno 2018 è stata segnata una tappa di fondamentale importanza nella lotta alla discriminazione fondata su motivi sessuali. Dopo anni di lotta e rivendicazioni da parte delle organizzazioni a tutela dei diritti dei transessuali, l’Oms ha eliminato la transessualità dalla lista delle malattie mentali, considerandola piuttosto come una condizione di salute sessuale.
Mutamento chirurgico del sesso: l’iter legale da seguire
A fronte di questo importante riconoscimento, giova ricordare come in Italia la disciplina legislativa sul mutamento di sesso sia disciplinata da una normativa ad hoc, la Legge n. 164/1982 che racchiude l’iter giudiziario da seguire per il mutamento del sesso.
Tale normativa parte dal presupposto per cui il mutamento del sesso implica un intervento medico-chirurgico invasivo di asportazione di organi sessuali di per sé funzionanti e sani per sostituirli con organi sessuali dell’altro sesso, al fine di garantire alla persona una condizione fisica e sessuale conforme ai propri orientamenti sessuali e ai propri bisogni fisiologici.
Dunque, affinché il medico possa procedere a tale delicata operazione chirurgica di mutamento del sesso, occorre una previa autorizzazione giudiziaria, altrimenti in assenza configurandosi una violazione delle norme costituzionali a tutela dell’integrità dell’individuo.
Il primo step è dunque il procedimento giudiziario innanzi al Tribunale, con la necessaria assistenza di un avvocato e la partecipazione del pubblico ministero, al fine di ottenere una sentenza che, a seguito di una CTU medico-specialistica e psicologica, autorizzi tale intervento chirurgico avente ad oggetto gli organi sessuali e ne individui i caratteri e le modalità.
Una volta terminata tale prima fase, di natura contenziosa caratterizzata da delicate ed approfondite indagini di carattere medico e psicologico, potrà procedersi all’intervento chirurgico di mutamento del sesso.
A seguito dell’operazione, sarà poi nuovamente necessario rivolgersi al giudice che, previa eventuale CTU di accertamento medico, pronuncerà una sentenza di accertamento, la sentenza di rettifica anagrafica, con cui si prenderà atto della modifica chirurgica dei caratteri sessuali e si autorizzerà l’istante a procedere alla richiesta di cambio di identità sessuale nei documenti anagrafici nonché al cambio del nome legalmente riconosciuto.
Con tale sentenza si conclude l’iter giudiziario di mutamento del sesso e, con tale pronuncia, l’interessato avrà diritto di ottenere dall’ufficiale di stato civile, la modifica dei propri dati nei documenti e registri anagrafici, nel massimo rispetto della normativa sulla privacy.
Rettificazione del sesso senza intervento chirurgico: la sentenza della Corte Costituzionale
Se la sentenza di rettificazione anagrafica può essere ottenuta a seguito dell’autorizzato intervento chirurgico di mutamento del sesso, vi è da dire che tale intervento chirurgico non costituisce più un presupposto indefettibile della pronuncia di rettifica anagrafica.
Con due importanti sentenze del 2015, la Corte Costituzionale ha statuito che “la legge ha escluso la necessità, ai fini dell’accesso al percorso giudiziale di rettificazione anagrafica, del trattamento chirurgico, il quale costituisce solo una delle possibili tecniche per realizzare l’adeguamento dei caratteri sessuali” e ha affermato che è invece necessario “un rigoroso accertamento giudiziale delle modalità attraverso le quali il cambiamento è avvenuto e del suo carattere definitivo. Rispetto ad esso il trattamento chirurgico costituisce uno strumento eventuale, di ausilio al fine di garantire, attraverso una tendenziale corrispondenza dei tratti somatici con quelli del sesso di appartenenza, il conseguimento di un pieno benessere psichico e fisico della persona”.
Sarà dunque possibile intraprendere l’iter giudiziario di rettificazione anagrafica anche in assenza di intervento chirurgico sui caratteri sessuali, potendo lo stesso essere avviato altresì a seguito di una terapia ormonale ovvero altro percorso di cambiamento di sessualità.
Mutamento di sesso e matrimonio
Il soggetto che, a seguito della sentenza di rettifica anagrafica, abbia ottenuto dall’ufficiale dello stato civile, la variazione del proprio nome e status sessuale, acquisisce ogni condizione e diritto proprio del nuovo genere sessuale. Così, ad esempio, potrà liberamente contrarre matrimonio con un soggetto di sesso diverso o unione civile con una persona dello stesso sesso.
Nel caso di precedenti vincoli matrimoniali già contratti, si pone un problema di compatibilità con la caratteristica del matrimonio nell’ordinamento nazionale che, come noto, implica la necessaria diversità di genere sessuale tra i coniugi. La questione è risolta dall’art. 1 della Legge Cirinnà sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso del 2016, che prevede che, in caso di rettificazione anagrafica del sesso, ove i coniugi abbiano manifestato la volontà di non sciogliere il matrimonio, si avrà l’automatica instaurazione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. Si è così ovviato all’incostituzionale inconveniente del cd divorzio automatico conseguente al mutamento del sesso.
Avv. Martina Scarabotta