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Negato il risarcimento al lavoratore “pigro”: niente infortunio in itinere se il luogo di lavoro è vicino

Infortunio in itinere: di che si tratta e chi paga

Il sistema di assistenza sociale italiano fornisce ai lavoratori una serie di tutele che garantiscono ai cittadini una solida “rete di protezione”. Tuttavia, bisogna stare attenti a non abusare dei propri diritti, altrimenti potrebbe non essere facile avere la meglio in un eventuale giudizio.

Nella controversia definita con l’ordinanza n° 21122/2017 la Cassazione si è occupata della risarcibilità dell’infortunio in itinere. Tale si definisce l’infortunio avvenuto durante il normale tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, nonché durante il tragitto abituale per consumare il pasto oppure nell’arco dello spostamento tra un luogo di lavoro e un altro. L’ente pubblico preposto ad assicurare il risarcimento dei dipendenti in queste occasioni è l’INAIL. Il diritto al risarcimento, è bene precisare, sarà riconosciuto in presenza di alcuni presupposti.

Infortunio in itinere: i presupposti

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In particolare, qualsiasi modalità di spostamento è ricompresa nella tutela dell’INAIL (mezzi pubblici, a piedi, ecc.) sempre che siano verificate le finalità lavorative, la normalità del tragitto e la compatibilità degli orari. Al contrario, il tragitto effettuato con l’utilizzo di un mezzo privato è coperto dall’assicurazione solo se tale uso è necessitato. Pertanto, nel caso sia scelto il mezzo proprio, ciò deve essere giustificato da specifiche circostanze, quali l’eccessiva distanza tra l’abitazione e il luogo di lavoro, l’inefficienza o l’assenza dei mezzi pubblici.

Infortunio in itinere: 500 metri possono essere percorsi a piedi…

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Nel caso di specie parte ricorrente richiedeva il risarcimento di un infortunio in itinere patito durante il tragitto da casa a lavoro, percorso in automobile. Tuttavia, poiché si trattava di percorrere solo 500 metri, l’utilizzo del mezzo privato viene ritenuto dalla Corte non necessario e dunque il danno non risarcibile dall’INAIL. Le argomentazioni del lavoratore vengono entrambe respinte. In primo luogo, non era stato provato che il ricorso all’autoveicolo fosse necessitato da problemi fisici occorsi in passato al ricorrente. Inoltre, non vale a riconoscere il diritto al risarcimento neanche la circostanza che il lavoratore fosse stato chiamato per un’urgenza (essendo un medico), poiché la scelta di raggiungere a piedi l’ospedale avrebbe anzi potuto permettere di arrivare in un tempo ancor minore.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso confermando la bontà delle argomentazioni svolte dal giudice di merito. Non ogni danno capitato sulla strada del luogo di lavoro può essere ricondotto alla fattispecie dell’infortunio in itinere. L’esigenza di non consentire risarcimenti “facili” impone di delimitare le ipotesi di risarcibilità, onerando il lavoratore di usare – per quanto possibile – mezzi di trasporto che riducano il rischio di infortuni.

Alessandro Re

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