L’accordo di negoziazione assistita in materia familiare che contenga al suo interno un trasferimento di diritti reali immobiliari, può esser trascritto solo se provvisto di autentica notarile. Così si è pronunciata la Corte d’Appello di Trieste, sul decreto del Tribunale di Pordenone.
Notaio no, notaio si
La vicenda, che abbiamo seguito sin dall’inizio con un nostro approfondimento, prende le mosse da un provvedimento del Tribunale di Pordenone. Quest’ultimo, in composizione collegiale, aveva accolto il reclamo presentato da una coppia di coniugi che avevano visto rifiutata la trascrizione, da parte della Conservatoria dei registri immobiliari, del loro accordo di negoziazione assistita. Il Tribunale aveva dunque ordinato al Conservatore di provvedere alla trascrizione prima rifiutata, seppur in assenza di autentica notarile.
Non sono mancate le prese di posizione delle associazioni di categoria, la pronuncia del Tribunale ha fatto discutere molto.
Oggi si fa un passo indietro. L’ Agenzia delle Entrate, a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, ha proposto un reclamo avverso il decreto del Tribunale di Pordenone. La Corte d’Appello ha accolto il reclamo con l’ordinanza n. 207 del 06 giugno 2017. La firma per autentica del notaio è dunque necessaria.
Qual è il ragionamento logico giuridico alla base della decisione della Corte d’Appello di Trieste? Scopriamolo insieme.
Il quadro normativo e l’errato sillogismo
I giudici triestini, dopo aver ricostruito analiticamente il fatto, hanno motivato in maniera semplice e cristallina la loro decisione.
Dapprima hanno ricostruito il quadro normativo entro il quale muoversi: gli artt. 5 e 6 del d.l. 132/2014, e gli artt. 2567 e 2703 del Codice Civile. Dall’analisi delle norme in questione, i giudici hanno giudicato come poco convincente l’interpretazione fornita dal Tribunale. Erroneo sarebbe infatti il sillogismo operato dai giudici di prime cure, in forza del quale se, ai sensi dell’art. 2657 c.c., «sono trascrivibili senza bisogno di autentica gli atti dell’autorità giudiziaria allora devono essere trascrivibili anche gli accordi assistiti, pena la vanificazione della predetta espressa equiparazione ai provvedimenti giudiziali e il conseguente irriducibile contrasto con i canoni costituzionali di coerenza e ragionevolezza».
Come la stessa Corte ha rilevato, la trascrivibilità dell’accordo di negoziazione era stata ritenuta legittima dal Tribunale, non in forza di un potere di autentica degli avvocati ma «per l’equiparazione dell’accordo agli altri provvedimenti che concludono l’iter della separazione avanti all’autorità giurisdizionale» consensuale o contenziosa che sia.
Ma allora, perchè non è possibile operare l’equiparazione?
Il carattere generale dell’art. 5 d.l. 132/2014
La risposta è scritta nelle norme.
L’art. 5 al comma 3 prevede che «se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione, per procedere alla trascrizione dello stesso, la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato». Tale articolo è l’unico a dettare le norme in materia di trascrizione nell’ambito della negoziazione. Esso si caratterizza quindi per avere una portata generale e non limitata ad alcune materie.
Il successivo art. 6, che si occupa della negoziazione assistita in ambito familiare, non contiene alcuna deroga a detto principio. La certificazione dell’autografia delle firme, prevista nell’art. 6, ha «come unico fine la successiva trasmissione dell’accordo di negoziazione all’ufficiale dello stato civile per i successivi adempimenti anagrafici».
Agli avvocati dunque nessun potere certificativo è riconosciuto ai fini delle trascrizioni nei registri immobiliari.
Il fondamentale ruolo del notaio
Nel nostro ordinamento non sono contemplate ipotesi in cui al difensore della parte venga attribuito un potere certificativo per attività di carattere privato, dovendosi invece distinguere tra effetti dell’atto e forma dello stesso ai fini della pubblicità immobiliare ex art. 2657 cc. secondo cui “La trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente”.
Dunque, «anche l’accordo transattivo che abbia a oggetto diritti reali immobiliari, pur essendo atto soggetto a trascrizione, necessita della forma pubblica o della scrittura privata autenticata e l’accordo di separazione è nella sostanza proprio equiparabile a un negozio transattivo.»
Il collegio specifica che «la norma del codice civile in materia di trascrizione costituisce una forma di tutela degli interessi pubblici e della collettività, poiché garantisce la corretta circolazione dei beni e dei diritti reali immobiliari; pertanto, quanto previsto dall’art. 6, comma 2, del D.L. 132/2014, non può essere inteso come norma speciale dettata in deroga al codice civile e alle norme che richiedono l’autentica delle scritture private ai fini della trascrizione».
Gli interessi di natura pubblica sottesi alla disciplina della trascrizione e la sua peculiarità impongono una interpretazione dell’art. 6 che non vada in conflitto con essi. La semplice e generica equiparazione tra l’accordo di negoziazione ed i provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione non può certo costituire una deroga ad un principio codicistico fondamentale del nostro ordinamento.
Quale spazio per gli avvocati?
«La necessità di un controllo pubblico è principio essenziale e cardine del sistema della pubblicità immobiliare che non può consentire ai soggetti privati, pur qualificati, ma certamente legati dal rapporto professionale alle parti che assistono e quindi privi del requisito di terzietà, di certificare con la propria sottoscrizione atti che poi devono trovare ingresso nel complesso sitema delle trascrizioni e delle intavolazioni diretto a garantire la certezza dei diritti».
Con queste parole la Corte compendia il suo pensiero sulla vexata quaestio.
Le novità in materia di giustizia telematica hanno fatto aumentare il potere di autentica degli avvocati, tuttavia, è necessario chiarire che tale potere ha carattere speciale e non generale. Al fine di autenticare gli atti è necessario vi sia sempre una norma che conferisca tale facoltà al soggetto autenticante.
Alla luce di quanto sopra detto e confortati anche dal diritto di matrice europea, non ci resta che auspicare, de iure condendo, una compiuta e chiara attribuzione di tali poteri agli avvocati.
Maria Rosaria Pensabene