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Nessun equo indennizzo per infermità da causa di servizio se il comitato di verifica motiva esaustivamente

Equo indennizzo per infermità da causa di servizio: riferimenti normativi

Le patologie legate a cause di lavoro (cosiddette cause di servizio) possono comportare il riconoscimento di alcuni diritti al lavoratore che le abbia sviluppate, tra cui ad esempio la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell’equo indennizzo.

Per ottenere tali diritti, tuttavia, occorre operare secondo le modalità prescritte dal Decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 “Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell’equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie”.

In particolare, l’art. 1 prevede che «il dipendente che abbia subìto lesioni o contratto infermità o subìto aggravamenti di infermità o lesioni preesistenti, ovvero l’avente diritto in caso di morte del dipendente, per fare accertare l’eventuale dipendenza da causa di servizio, presenta domanda scritta all’ufficio o comando presso il quale presta servizio, indicando specificamente la natura dell’infermità o lesione, i fatti di servizio che vi hanno concorso e, ove possibile, le conseguenze sull’integrità fisica, psichica o sensoriale e sull’idoneità al servizio, allegando ogni documento utile».

Equo indennizzo per infermità da causa di servizio: il caso

Sul riconoscimento della dipendenza delle patologie da cause di lavoro si è recentemente espresso il Consiglio di Stato, in relazione al caso di un maresciallo ordinario, infermiere professionale, che aveva per due volte presentato alla Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva domanda per ottenere l’equo indennizzo.

Il lavoratore lamentava due patologie: un disturbo dell’adattamento con ansia ed umore depresso ed una pregressa cefalea e dolore psicosomatico da stress.

A seguito del mancato riconoscimento della malattia in dipendenza da causa di servizio da parte dell’amministrazione – in conformità ai pareri del comitato di verifica per le cause di servizio, organo deputato ad esprimersi sulle domande in materia (artt. 10 e 11 comma 1 DPR 461/2001) – il maresciallo aveva impugnato il decreto dell’amministrazione davanti al Tribunale amministrativo regionale, sezione autonoma di Bolzano.

I giudici amministrativi rigettavano il ricorso, per cui il lavoratore promuoveva ricorso al Consiglio di Stato.

Secondo la posizione del maresciallo, esposta innanzi al Tar e reiterata in sede di Consiglio di Stato, la sussistenza dei requisiti necessari per ottenere il riconoscimento della causa di servizio era da ravvisarsi nelle relazioni mediche che aveva allegato alle proprio domande. Tali perizie erano state esaminate dal comitato di verifica per le cause di servizio, che a norma dell’art. 11 comma 1 DPR 461/2001 “accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione”.

Le risultanze di tali relazioni, tuttavia, erano state disattese dal comitato di verifica, che “dopo avere esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti”, aveva considerato non sussistessero nelle prestazioni lavorative del maresciallo “disagi e strapazzi di particolare intensità, né elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali, almeno sotto il profilo concausale efficiente e determinante, tenuto conto della peculiare natura della patologia di cui trattasi”.

Il Comitato concludeva dunque ritenendo che “l’infermità non può ricollegarsi agli invocati eventi, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante”, e la Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva rigettava le domande.

Equo indennizzo per infermità da causa di servizio: la sentenza del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, con la recentissima sentenza n. 1106 dell’8 marzo 2017, rigetta l’appello presentato dal lavoratore e contestualmente non entra nel merito delle motivazioni dell’appellante, poiché il giudizio del comitato integra una ipotesi di discrezionalità tecnica che, in quanto tale, è insindacabile in sede di legittimità se non sotto il profilo dell’assenza di motivazione, del travisamento dei fatti, dell’illogicità manifesta, e della violazione delle regole procedurali.

I giudici ritengono, peraltro, che nel caso di specie la ricostruzione del comitato sia stata esaustiva e, nel citare l’orientamento costante in materia (sentenze CdS sez. VI, 31 marzo 2009, n. 1889; sez. IV, 16 maggio 2011, n. 2959; sez. IV, 6 dicembre 2013, n. 5818; sez. IV, 26 luglio 2016, n. 3383; sez. IV, 6 febbraio 2017, n. 493) ricordano come non sia “consentito al giudice amministrativo, in virtù del principio di separazione dei poteri, sostituire a valutazioni amministrative, ancorchè opinabili, proprie valutazioni. E’ dunque necessario che la scelta amministrativa risulti contraria al principio di ragionevolezza tecnica.”

Per il Consiglio di Stato il rigetto era stato puntualmente motivato in relazione alla mancanza di nesso causale e non presentava profili di irragionevolezza, laddove invece “a fronte di tali determinazioni amministrative la parte si limita a fornire una diversa versione dei fatti e una spiegazione alternativa del rapporto causale tra essi e la patologia che non è supportata da dati certi in grado di spiegare la interrelazione causale in modo da raggiungere la soglia del «più probabile che non» e dimostrare la irragionevolezza della scelta amministrativa”.

Chiara Pezza

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