Commette reato di maltrattamento chi fa indossare al proprio cane il collare elettrico per addestrarlo.
Ennesima vittoria sul fronte della lotta contro il maltrattamento degli animali; la Cassazione infatti ha stabilito che l’uso del collare elettrico sugli animali ai fini dell’addestramento integra la fattispecie del reato di maltrattamento poiché le scariche prodotte dagli elettrodi causano, inevitabilmente, sofferenza.
IL CASO. La vicenda di cui sono occupati i giudici della Cassazione ha visto protagonisti un uomo di Trieste e il suo cagnolino. L’uomo era stato accusato, ai sensi dell’art. 727 c.p., di aver abbandonato il suo cane e di averlo detenuto – prima dell’abbandono – in condizioni produttive di sofferenza. Per tali motivi, quindi, era stato condannato a pagare un’ammenda di € 1.000,00.
La particolarità del caso, però, stava nel fatto che il cane, ritrovato abbandonato nel Comune di Strembo (Trieste), presentava al collo un collare elettrico acceso, attivato a distanza da un telecomando e utilizzato per scopi addestrativi.
Secondo la ricostruzione della Pubblica Accusa, l’imputato usava proprio quel tipo di collare per far sì che il cane lo obbedisse più facilmente: con l’apposito telecomando, infatti, l’uomo poteva – anche a distanza – emettere delle scosse elettriche direttamente sul collo del povero animale.
L’imputato si era difeso nei primi due gradi di giudizio sostenendo che il collare elettrico ritrovato al collo dell’animale serviva soltanto “per emettere comandi sonori e non anche scariche elettriche a scopo addestrativo” ma tale tesi non era convincente. A smentire quanto sostenuto dall’uomo, infatti, vi era la spia verde accesa sul collare del cane dalla quale era facilmente intuibile la finalità addestrativa.
IL VERDETTO. Con la sentenza n. 50491/2016 la Cassazione ha confermato quanto era stato previsto nei precedenti gradi di giudizio. Per i giudici, infatti, non era logicamente possibile che l’uomo avesse acquistato un collare elettrico di tale fattezza – ossia in grado di produrre sia onde acustiche che scosse elettriche – per poi usare solo una delle sue funzioni.
Per questi motivi, quindi, il ricorso è stato respinto e l’uomo è stato condannato per maltrattamento poichè è stato accertato l’uso del collare elettronico per scopi addestrativi; in particolare il suddetto collare veniva “attivato a distanza da un telecomando in modo da provocare nel cane scosse elettriche aventi come conseguenza oltre al dolore fisico anche uno stress psicologico“.
Così Fabio B., di 55 anni, oltre a pagare € 1.000,00 di ammenda dovrà versare altri € 1.500,00 alla Cassa delle Ammende per la inammissibilità dei motivi con i quali ha tentato di difendersi.
Questa vicenda offre lo spunto per un riflessione.
LA NORMATIVA. In Italia utilizzare il collare elettrico a scopo addestrativo è vietato. Ciò non toglie, però, che i privati possono tranquillamente – e legalmente – acquistare tali strumenti ed usarli lontano da occhi indiscreti sui loro animali domestici (a tal proposito si segnala che, purtroppo, non è infrequente l’uso del collare elettronico da parte dei cacciatori e degli addestratori).
In altri stati, invece, l’uso del collare elettronico è legale ma subordinato al conseguimento di un apposito patentino; in altri stati ancora, invece, è “una moda” sia addestrativa che allevatoria: i cani vengono vessati ed impauriti dalle scariche elettriche ed eseguono gli ordini impartiti dai loro padroni alla perfezione. Resta il fatto che si tratta di maltrattamenti!
Rosa d’Aniello