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Non favorirono Provenzano, definitiva l’assoluzione per Mori e Obinu. Il legale: dopo 18 anni hanno vinto le istituzioni

 

Inammissibile. Lapidario il giudizio della Cassazione sul ricorso presentato dalla procura generale di Palermo contro l’assoluzione pronunciata in appello per il generale Mario Mori e per il colonnello Mauro Obinu, giudicati per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Finisce così un incubo per i due alti ufficiali dei Carabinieri che furono accusati dagli inquirenti palermitani di aver favorito la latitanza del superboss Bernardo Provenzano, ma sono voluti andare fino in fondo, rinunciando alla prescrizione.

     La Procura generale, rappresentata dal procuratore Roberto Scarpinato e dal sostituto Luigi Patronaggio, con una nuova richiesta di 4 anni e mezzo per Mori e tre anni e mezzo per Obinu, aveva tentato di ribaltare l’esito della decisione con cui, il 19 maggio del 2016, dopo una camera di consiglio durata oltre tre giorni, la Corte d’appello di Palermo aveva confermato la sentenza di assoluzione emessa in primo grado il 17 luglio 2013.

     Secondo l’accusa, nell’ottobre del 1995, pur essendo a un passo dalla cattura  di Provenzano, grazie alle rivelazioni del confidente Luigi Ilardo, non fecero scattare il blitz che avrebbe potuto portare nel 1995 all’arresto del capo mafia a Mezzojuso, garantendogli in questo modo un’impunità che sarebbe durata fino al 2006.

La Corte d’Appello, però, aveva confermato in pieno l’assoluzione con la formula «perché non costituisce reato».    Come si legge nelle corpose motivazioni della sentenza d’Appello depositate lo scorso novembre, le azioni contestate sono «sussistenti», tuttavia «non idonee a dimostrare» il dolo di favoreggiamento. In altre parole, nelle oltre trecento pagine stilate da Salvatore Di Vitale si evidenzia come sarebbe tutta da dimostrare la tesi per la quale i due alti ufficiali dei Carabinieri «abbiano agito con la coscienza e la volontà di favorire il latitante Bernardo Provenzano, impedendone o ostacolandone la cattura».

«Si chiude vicenda lunga 18 anni», commentano soddisfatti gli avvocati Enzo Musco e Basilio Milio, legali del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu. «La Suprema Corte – proseguono i legali- con questa sentenza ha suggellato quelle che sono state le valutazioni espresse dai giudici di merito su queste vicende, condensate in due monumenti del diritto di circa 1800 pagine, le sentenze di primo e di secondo grado. Oggi si è realizzata in primo luogo una vittoria delle Istituzioni e, poi, anche quella degli imputati». Questa pronuncia della Cassazione, soggiunge infine l’avvocato Milio, rappresenta anche «la sconfitta di teorie e teoremi che necessariamente soccombono davanti ai fatti».

(Amer)

 

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