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Il notaio anticipa le somme ai clienti: è concorrenza sleale

Se il notaio anticipa le somme è concorrenza sleale. È quanto stabilito dalla Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 23886/2016 depositata il 23 novembre u.s.

Dumping fra notai: l’incolpazione

Il ricorso, o meglio i tre ricorsi riuniti dalla Seconda Sezione della Suprema Corte, avevano ad oggetto la decisione della Corte d’Appello di Milano, con cui veniva confermato il provvedimento del Collegio di disciplina, impugnata da tre notai milanesi, condannati ad una sanzione pecuniaria, per aver violato le disposizioni del Codice Deontologico, in particolare ex artt. 45 e 14, ponendo in essere una condotta lesiva della concorrenza fra colleghi.

Invero, veniva contestato ai tre professionisti, sulla base della segnalazione di uno dei tre notai appartenenti alla medesima associazione, di aver “avuto in deposito dai clienti ingenti somme di danaro, destinate ad essere versate a terzi soggetti, a titolo di indennità per procedure di esproprio o costituzione di servitù coattive, senza rispettare i requisiti di separazione contabile, di cui all’art. 45.

Veniva altresì contestato ai tre notai milanesi di aver anticipato somme di denaro versando direttamente le indennità agli aventi diritto, facendo ricorso ad un fido di conto corrente costituito ad hoc.

Ebbene, avverso la decisione della Commissione Regionale di disciplina della Lombardia, confermata in sede di reclamo dalla Corte d’Appello di Milano, con ordinanza, ricorrevano i tre professionisti, eccependo, l’erronea applicazione della disciplina del codice deontologico dei Notai.

Anticipo di somme ai clienti: è concorrenza sleale. Il Punto della Cassazione

cassazione La Seconda Sezione della Cassazione, investita dei detti ricorsi, li respingeva, confermando le tesi della Corte d’Appello di Milano e rendendo definitiva la sanzione pecuniaria comminata ai tre professionisti.

Invero, secondo i Giudici di Piazza Cavour, i fatti alla base dell’illecito non erano oggetto di discussione. Nel giudizio dinanzi la Commissione Regionale di disciplina prima e della Corte d’Appello di Milano poi, era stata dimostrata la prassi “singolare” dell’associazione di professionisti, odierni ricorrenti, consistita nell’utilizzare due conti correnti indistinti (e dunque in violazione dell’obbligo di separazione contabile ex art. 45 c.d.) su cui venivano versati ingenti somme da parte dei clienti destinate ad essere girate a terzi, generando, di fatto una totale promiscuità fra il conto dello studio e il patrimonio dei clienti, arrivando, in alcuni casi, anche ad effettuare anticipazioni di cassa, dagli stessi conti, creando sugli stessi anche gravi scoperti.

La Corte di Cassazione ritenendo infondati i motivi di ricorso dei tre professionisti, ha chiarito, confermando l’impostazione dell’ordinanza della Corte d’Appello impugnata che “il ricorso al fido del conto notarile per far fronte alle esigenze dei clienti costituiva trattamento privilegiato prestato nei confronti della società per fidelizzarla, cioè per indurla a richiedere le prestazioni allo studio, disposto a onerose anticipazioni di cassa, piuttosto che rivolgersi ad altri professionisti”, configurando tale modus operandi una condotta lesiva della concorrenza ex art.14 c.d.

Per quanto concerne il deposito di somme in violazione dell’obbligo di separazione contabile ex art. 45 c.d., la Corte dato atto che la prassi dello studio notarile era di far affluire i fondi versati da due grandi clienti sul conto dello studio, di spostarli da questo conto ad un altro, effettuando i pagamenti direttamente da quest’ultimo, perfino per attività estranee al pagamento delle indennità, dando vita ad una ripetitività continua di versamenti e anticipazioni indistinti, non poteva che confermare la regolarità dell’ordinanza con cui i tre professionisti venivano condannati.

Invero, secondo la Corte, i ricorrenti sostanzialmente avrebbero voluto “ribaltare sugli organi giudicanti l’obbligo di mettere ordine nel disordine da essi creato con la prassi censurata dagli organismi disciplinari”.

Mentre, continuano i Giudici di Piazza Cavour, “una volta provato, che i tre notai solevano emettere assegni in pagamento delle indennità, anche senza specifico riscontro con un versamento a quel fine ricevuto, a favore dei contraenti beneficiari, l’inferenza logica relativa alla violazione concorrenziale risulta più che congrua”.

Ebbene, la mancata separazione contabile della raccolta dei versamenti viene individuata come origine della sistematica anticipazione di somme, tale da raggiungere ripetute occasioni di sbilancio di conto corrente, che non può che rendere ineccepibile la rilevanza concorrenziale di tale pratica che, di fatto, consentiva ai gradi clienti di fare affidamento su una tolleranza maggiore, restando fidelizzati ai notai.

Tale giudizio, a dire della Cassazione, resistendo alle critiche ed esente da censure, ha determinato il rigetto dei ricorsi e la definitività della condanna pecuniaria in capo ai tre professionisti lombardi.

La posizione del professionista che aveva presentato l’esposto

Non può tacersi che la vicenda de qua, traeva origine dall’esposto presentato da uno dei tre notai che, nel dissociarsi dalla pratica sistematica dello studio de quo, ne denunciava il singolare modus operandi. Ebbene, nel ricorso presentato alla Suprema Corte, il notaio de quo, lamentava di essere stato oggetto di condanna in ragione del vincolo associativo e non sulla base della prestazione notarile, avente carattere strettamente personale.

Ebbene, tale tesi difensiva è stata smentita dall’evidenza degli atti di causa che, vedendo la firma del notaio de quo su ben 347 atti di costituzione di servitù, unitamente all’uso dei conti bancari, hanno dimostrato una partecipazione personale e attiva alla condotta oggetto di incolpazione, piuttosto che, come sostenuto dal notaio stesso, una sua partecipazione inconsapevole.

Alessandra Iacono

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