Il Guardasigilli risponde ad interrogazione su liberazione boss De Stefano
Roma, 27 nov. – Il regime carcerario restrittivo del cosiddetto 41 bis resta uno “strumento irrinunciabile”, ma va accompagnato con interventi che consentano la rieducazione e il recupero dei soggetti sottoposti a questa disciplina. Lo sottolinea il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, rispondendo ad un’interrogazione del deputato Marco Di Lello, che chiedeva chiarimenti sulla liberazione anticipata del boss Paolo Rosario De Stefano, arrestato nell’agosto del 2009 ed inserito all’epoca nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia.
Nel documento di sindacato ispettivo si chiedeva tra l’altro se fosse vero che la decisione fosse stata presa “in relazione al curriculum universitario” del detenuto e quali fossero le azioni che il ministero “intenda adottare” per “verificare il rispetto dei principi del nostro ordinamento sia con riferimento alle finalità di detenzione in regime di 41 bis per il soggetto in questione, sia con riferimento alla rieducazione della pena, sempre comunque nell’ottica della salvaguardia dell’incolumità dei cittadini”.
“Le ordinanze di liberazione anticipata emesse in favore del De Stefano -spiega innanzi tutto il ministro della Giustizia- danno conto della buona condotta del detenuto e della positiva partecipazione al processo di risocializzazione: al contrario, il beneficio non è stato collegato nelle ordinanze all’andamento degli studi universitari seguiti nel corso della detenzione”.
Più in generale, Orlando spiega che “al processo di revisione in atto del sistema dell’esecuzione penale, avviato per dare completa attuazione alle prescrizioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, non può essere sottratta la tematica del trattamento dei detenuti sottoposti a regime di alta sicurezza, nella ricerca di un nuovo equilibrio tra qualità della vita detentiva, finalità trattamentali ed esigenze di sicurezza della collettività”.
“La complessiva riflessione, aperta dopo la sentenza Torreggiani ed arricchita dai lavori svolti nell’ambito degli Stati generali dell’esecuzione penale, non tende ad escludere, ma anzi conferma -assicura il Guardasigilli- la ineliminabilità della detenzione carceraria, anche come unica forma di pena nel percorso trattamentale per determinati reati, soprattutto quando si tratta di interrompere legami criminali profondi e pericolosi per la democrazia”.
“In questa prospettiva, il regime di detenzione declinato dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario è strumento irrinunciabile, e la sua compatibilità con la necessaria funzione risocializzante è garantita dalla periodica verifica delle sussistenza delle condizioni che impongono e giustificano le sue modalità di applicazione, legandone la permanenza al rapporto che il detenuto ha elaborato con il reato e con il trattamento ed alla conseguente eliminazione dell’area di rischio per la sicurezza e l’ordine pubblico”.
“In tale campo, pertanto, l’offerta trattamentale deve essere ancor più mirata ed individualizzante -conclude il ministro nella sua risposta- per agevolare il percorso evolutivo individuale, superando le restrizioni non strettamente funzionali alle esigenze di sicurezza, che rischiano di risolversi in limitazioni automatiche dei diritti fondamentali, ingiustificate e punitive, ostacolando finalità rieducative, nell’interesse più generale al recupero del reo”.
(Sam/AdnKronos)