“Già sono cambiati due giudici e ora ne deve arrivare un terzo”
Palermo, 22 feb. – “Abbiamo paura che arrivi la prescrizione e che Giuseppe non avrà mai giustizia. Non possiamo permetterlo”. A parlare, con un filo di voce, è Tonina Di Grigoli, la mamma di Giuseppe Lena, lo studente di medicina che nel 2013 morì, dopo pochi giorni di coma, dopo un allenamento in una palestra di arti marziali a Palermo. Alla sbarra ci sono tre imputati, accusati di omicidio colposo, Giuseppe Chiarello, palermitano di 40 anni, Roberto Lanza, messinese di 27 anni, che si allenavano con Giuseppe, e Giuseppe Di Paola, palermitano di 59 anni e proprietario della palestra. Nella scorsa udienza, il giudice Vittorio Alcamo ha annunciato che non potrà continuare a seguire il processo. Così, il dibattimento è andato a un altro giudice, Giangaspare Camerini. Ma è proprio il gup che nell’ottobre del 2015 aveva rinviato a giudizio i tre imputati, quindi non può sostituire il giudice Alcamo.
Insomma, Tonina Di Grigoli, che di professione fa l’avvocato, e il marito, Francesco Lena, che fa l’ingegnere, temono che possa succedere quanto accaduto a Torino, dove il giudice ha dovuto assolvere un pedofilo perché il reato era prescritto. E alla fine ha chiesto scusa al “popolo italiano”, oltre che alla piccola vittima.
“Finora siamo sempre stati rispettosi delle indagini, senza mai creare polemiche – dice all’Adnkronos Tonina Di Grigoli – Noi vogliamo solo la verità e chiediamo che chi ha responsabilità se ne assuma le conseguenze. Giuseppe non costituisca un’altra vittima del nostro sistema giudiziario, non voglio vendette ma solo giustizia. Abbiamo paura che arrivi la prescrizione…”.
“Un giudice che fa un processo cosi delicato, non può lasciare il dibattimento”, dice la signora Tonina. La mamma di Giuseppe racconta, quindi, come ha appreso che sarebbe cambiato il giudice: “Arrivati all’udienza abbiamo saputo che il giudice è stato cambiato e il proseguimento del processo è stato affidato al dottor Camerini – racconta – E ora che succede? Si fermerà tutto? Abbiamo paura. Giuseppe non può più parlare, lo potrà fare solo attraverso noi, i suoi genitori”.
Nelle prime udienze sono stati sentiti alcuni testi, tra cui i poliziotti che hanno condotto le indagini e il professor Paolo Procaccianti, il medico legale che aveva eseguito l’esame autoptico e che ha parlato di un corpo contundente che aveva colpito il ragazzo durante l’allenamento. “Dovevano essere sentiti altri testi – racconta mamma Tonina -ma le notifiche non sono partite. Adesso ci hanno detto che il giudice Alcamo è stato trasferito e che il procedimento sarebbe stato assegnato al giudice Camerini che, però, si è dichiarato incompatibile perché aveva già assunto la titolarità di gip. E ora non sappiamo a chi va a finire il processo. La cosa grave è che ora loro vorranno ripartire, come attività, dall’inizio del processo. E il rischio per mio figlio è che non verrà mai condannato nessuno. Sono terrorizzata. Io sono una mamma alla ricerca della verità. Loro ci devono dire cosa è realmente successo in quella palestra, perché fin dall’inizio sono stati effettuati dei depistaggi”.
Insomma, un ulteriore rinvio nel processo che si sta celebrando sul caso Lena, processo che dovrà chiarire tutti i punti ancora oscuri sulla tragica morte dello studente universitario di Cammarata, avvenuta lo scorso dicembre 2013 mentre il ragazzo si allenava nella palestra New Center Body System in via Stazzone a Palermo.
“Che senso ha incardinare dei processi quando l’andamento deve solo essere quello di procrastinare e allungare – si sfoga anche il padre di Giuseppe, Francesco Lena – Noi chiediamo solo verità e giustizia”.
“Oggi dopo 38 mesi dal 10 dicembre 2013, un angelo di nome Giuseppe è stato colpito al cuore, ancora una volta, nell’attuazione ed esercizio di meccanismi che non trovano nessuna giustificazione, se non quella di non avere come risultato giustizia – dice Francesco Lena – Nessuna giustizia si palesa all’orizzonte. Che senso ha incardinare dei processi quando l’andamento deve solo essere quello di procrastinare, allungare, non attuare quello che il processo deve portare come risultato, cioè verità e giustizia”.
E sul rinvio dell’udienza: “Lo Stato ha ben pensato di sostituire il giudice nominato a suo tempo per l’omicidio di Giuseppe, con un altro giudice che immediatamente si è dichiarato incompatibile, avendo seguito in precedenza alcune fasi del processo – dice – Ad oggi dopo tre anni e mezzo si parte da zero. Ancora un giudice da nominare, come se nulla fosse successo dalla prima udienza, che ha visto incardinare questo processo per omicidio che vede coinvolti tre imputati”.
“Non lotterò contro lo Stato facendogli guerra, sarebbe persa in partenza, lotterò contro le coscienze di quegli uomini che hanno permesso e continuano a permettere tutto ciò, con attuazione deliberata. Nel caso di Giuseppe si sta parlando di omicidio- si sfoga ancora Francesco Lena – L’obiettivo è che tutto finisca in una bolla di sapone facendo restare impunito chi si è macchiato le mani togliendo la vita a un angelo già in terra, calpestando ancora una volta la dignità di chi si è attenuto al rispetto delle regole e che sempre con dignità aspetta la dovuta giustizia”.
E aggiunge: “Giuseppe per fortuna mi ha insegnato a vivere con la forza dell’amore, che ha regalato e sta regalando a tante persone”.
Giuseppe, dopo la sua morte, ha donato i suoi organi, su autorizzazione dei genitori. “Vi assicuro che questa è l’arma vincente che stravolge le menti contorte di chi pensa di far apparire una realtà diversa da quella effettiva, di chi pensa di utilizzare il potere per piegare il mondo ai suoi piedi, o di chi nella sua intima solitudine, quindi coscienza, sa cosa sia successo realmente quella stramaledette sera del 10 dicembre 2013”.
Ma il Presidente del Tribunale di Palermo, Salvatore Di Vitale, interpellato dall’Adnkrons, rassicura i genitori di Giuseppe: “Non c’è il pericolo della prescrizione e in ogni caso vigilerò perché questo processo venga seguito con la massima e dovuta attenzione”.
(Ter/AdnKronos)