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Pay per view contraffatte, può applicarsi de plano la tenuità del fatto

In tema di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, ove la persona offesa indichi le ragioni del dissenso, il giudice non può decidere “deplano” ma deve necessariamente fissare l’udienza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 409, comma secondo, cod. proc. pen., essendo ciò funzionale alla instaurazione del contraddittorio tra le parti e all’esercizio del diritto di difesa, riconosciuto alla persona offesa dal reato.

E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n.15124/18, con la quale ha accolto il ricorso di Mediaset contro la scelta di applicare il 131-bis e archiviare, dichiarando inammissibile l’opposizione del gruppo milanese senza fissare un’udienza per il contraddittorio.

La vicenda

A finire nel registro degli indagati erano state circa 110 persone, quasi tutte residenti a Città di Castello, alle quali un’organizzazione, con sede in Liguria, girava il segnale criptato, previo compenso per il servizio offerto. I “fornitori” attraverso sofisticate apparecchiature erano infatti in grado di captare il segnale della tv via cavo e di “cederlo” previo pagamento.

Il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione per la particolare tenuità del fatto, considerando anche dubbia la violazione del diritto d’autore da parte degli indagati. Per il Pm le condotte ascritte agli indagati erano bagatellari: minimo il beneficio economico per gli utenti e limitatissimo il danno per il titolare dei diritti televisivi. Dello stesso avviso era stato il Gip che aveva archiviato, bollando come inammissibile l’opposizione di Mediaset che sul danno aveva le idee un po’ diverse. Invero, secondo la società milanese, il danno poteva essere stimato in 580 milioni di euro. A supporto delle sue affermazioni Mediaset Spa chiedeva, come nuovo atto di indagine, di ascoltare le “fonti di prova” in grado di riferire sull’entità del pregiudizio economico cagionato da fatti per i quali era stato instaurato un processo penale. Secondo l’azienda ricorrente, inoltre, i giudici dovevano considerare anche tutte le azioni assunte per contrastare il fenomeno della pirateria. A supporto della stessa tesi difensiva, era anche il procuratore generale che ha chiesto, appunto, l’accoglimento del ricorso.

Le ragioni alla base dell’opposizione da parte di Mediaset

Nel caso in esame, in effetti, l’opponente aveva specificamente contestato, con l’atto di opposizione (postulando la reiterazione e la pluralità delle condotte nonché la gravità del danno), la presenza dei requisiti che consentivano di ritenere la speciale tenuità dei fatti, ai sensi dell’articolo 131-bis del codice penale, e sulla cui base era stata unicamente fondata la richiesta di archiviazione del pubblico ministero, formulando una precisa richiesta di indagini suppletive solo su uno degli aspetti (gravità del danno) preclusivi, secondo il suo assunto, dell’applicazione agli indagati della causa di non punibilità. Il giudice per le indagini preliminari ha invece trattato la sollecitazione investigativa alla stregua dei criteri di giudizio diretti a valutare l’ipotesi, del tutto diversa, dell’archiviazione per manifesta infondatezza della notizia di reato, esulante dal petitum e dalla causa petendi per le quali era stato investito e pertanto incorrendo nel vizio di violazione di legge denunciato.

La decisione della Suprema Corte

In effetti il principio è specificato dagli stessi giudici di piazza Cavour, per i quali “in presenza di una formale opposizione della persona offesa, con cui si articolavano censure proprio in ordine alla impossibilità di ritenere il fatto di particolare tenuità, il giudice per le indagini preliminari avrebbe dovuto fissare l’udienza prevista dall’articolo 409, comma 2, del codice di procedura penale, astenendosi dal disporre l’archiviazione per la ritenuta infondatezza della notizia di reato e risultando del tutto ultroneo da parte sua il riferimento alla non pertinenza delle investigazioni suppletive perché, siccome con l’opposizione si articolavano solo rilievi sulla particolare tenuità del fatto allo scopo di censurare il contenuto della richiesta di archiviazione del pubblico ministero, egli avrebbe dovuto risolvere ogni questione a seguito dell’udienza camerale”. Si è, dunque, continuano gli Ermellini – “verificata una violazione di legge che avendo inciso negativamente sul diritto al contraddittorio e, quindi, sul diritto di difesa riconosciuto alla persona offesa dal reato la quale ha indicato le ragioni del dissenso nei confronti di una richiesta di archiviazione ex articolo 131-bis del codice penale – impone l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, affetto da nullità, e la trasmissione degli atti al tribunale di Perugia per l’ulteriore corso”.

La Suprema corte ricorda, in effetti, che il provvedimento impugnato è nullo, avendo il Gip archiviato de plano, malgrado le specifiche contestazioni della parte offesa e la richiesta di indagini ulteriori. Un mancato rispetto della norma che prevede la fissazione di un’udienza camerale e un “contraddittorio”. Il Gip ha invece applicato alla sollecitazione investigativa di Mediaset gli stessi criteri previsti nel caso, del tutto diverso, di archiviazione per manifesta infondatezza del reato.

Mariano Fergola

 

 

 

 

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