Pedone travolto vicino la fermata della metro: è omicidio colposo.
Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza n. 25552/2017
Fino a che punto può pretendersi che il conducente di un’autovettura sia diligente e prudente alla guida? E tale livello di diligenza o prudenza cambia in relazione alle concrete condizioni esterne di luogo e di tempo in cui ci si trova? Secondo la Corte di Cassazione la risposta è positiva e lo afferma nella sentenza in commento. In essa, si affronta il caso di un automobilista che, di sera, percorrendo a velocità doppia rispetto al limite consentito investiva (causandone la morte) una donna e il figlio che attraversavano vicino la fermata di una metropolitana.
Ebbene, se il ragionamento a favore della tesi colpevolista potrebbe sembrare scontato, in realtà è piuttosto complesso e passa per l’analisi, da un lato, del c.d. principio di affidamento, e dall’altro, di quello della c.d. ragionevole prevedibilità dell’evento. Quando si richiama il principio di affidamento, in generale, si rinvia a quel concetto per il quale sebbene l’agente che abbia posto in essere una determinata condotta violativa di una norma cautelare può, comunque, fare affidamento sull’altrui diligenza.
Nell’ambito della circolazione stradale, tuttavia, vi sono norme che estendono “al massimo l’obbligo di attenzione e prudenza, fino a comprendere il dovere di prospettarsi le altrui condotte irregolari”. Si tratta, ad esempio, dell’art. 141 C.d.s. che impone di fronteggiare ogni “ostacolo prevedibile”. Ed infatti, in tale settore, le condotte imprudenti sono tanto frequenti che, secondo la giurisprudenza costituiscono un rischio tipico, prevedibile, che bisogna tenere sotto controllo.
Sinistro stradale e prevedibilità dell’evento
Tuttavia, è interessante l’ulteriore puntualizzazione della sentenza, ove si precisa che in tale ambito deve tenersi conto, altresì, delle condizioni di spazio e di tempo. La prevedibilità e la evitabilità di un sinistro vanno valutate in concreto. Ed infatti, non può ritenersi necessariamente colpevole la condotta dell’agente quando vi siano “contingenze particolari” che possano rendere la condotta inosservante non soggettivamente rimproverabile a causa della imprevedibilità della condotta di guida dell’altro soggetto coinvolto in un sinistro.
Quindi, posto che il conducente di un autoveicolo deve averne sempre il controllo in ogni circostanza e prevedere anche le altrui imprudenze, tale obbligo trova evidentemente un limite: quello della ragionevole prevedibilità degli eventi, in determinate circostanze di tempo e di luogo, oltre il quale non è consentito parlare di colpa.
Sono queste le premesse su cui si basa la conclusione logica della Corte: il conducente, guidando in una strada poco illuminata, di sera, avrebbe dovuto “ragionevolmente prevedere” l’attraversamento delle vittime in un contesto come quello in cui è avvenuto il fatto, ossia nei pressi di una fermata della metropolitana.
Laura Piras