Rinnovo del permesso di soggiorno: è questa una vicenda che spaventa molti stranieri che lavorano, più o meno regolarmente, nel territorio italiano. La legge infatti richiede, ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, che venga dimostrato il possesso di un reddito derivante da lavoro o da altra fonte lecita che sia sufficiente per il proprio mantenimento.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 117 del 16 gennaio 2017 rende più facile per gli stranieri ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi lavorativi, andando sostanzialmente ad abolire o comunque ad intendere in maniera assai labile il requisito reddituale richiesto dalla legge ai fini del rinnovo.
Rinnovo del permesso di soggiorno: la sostanziale abolizione del requisito reddituale
Davanti al Consiglio di Stato, veniva impugnato il provvedimento della Questura di Brescia e la sentenza del TAR Lombardia con cui veniva negato ad un cittadino marocchino il rinnovo del permesso di soggiorno richiesto per motivi di lavoro subordinato, ritenendosi che dalle buste paghe esibite non potesse desumersi un reddito sufficiente per il sostentamento.
La Suprema Corte amministrativa ha però annullato il provvedimento impugnato, ordinando il rinnovo del documento, interpretando il requisito reddituale nel senso che il rispetto delle soglie previste dall’art. 29 del D.Lgs. n. 286 del 1998, in caso di rinnovo (e non di rilascio ex novo) del permesso di soggiorno, non devono essere intese rigidamente, bensì valutando caso per caso le prospettive di reddito desumibili dalla situazione attuale.
Per il Consiglio di Stato le Questure non devono dunque limitarsi ad esaminare le buste paga esibite dal lavoratore richiedente il rinnovo, ma devono valutare la reale ed effettiva capacità di autosostentamento. Dovranno dunque essere considerate tutte le fonti di reddito, comprese quelle eventualmente derivanti da lavoro nero o comunque irregolare, nonché valutate, con giudizio ipotetico e prognostico, le possibilità di evoluzione della situazione lavorativa, pur se non rispondente in concreto esattamente al reddito minimo richiesto pari ad € 5.830,76 annui.
Una pronuncia che è destinata ad influire sul lavoro delle Questure, chiamate a rinnovare con minore rigorosità i permessi di soggiorno anche in presenza di situazioni lavorative precarie, temporanee e poco remunerative, tenendo in considerazione la complessiva situazione dello straniero richiedente.
Martina Scarabotta