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Pignatone: nuove regole contro fuga notizie, più tutela per privacy

Il Legislatore trovi nuovo punto equilibrio tra diversi interessi tutti di rilievo costituzionale

«Le fughe di notizie con la violazione della privacy e della reputazione che spesso ne conseguono (la cosiddetta gogna mediatica) vengono costantemente indicate come uno dei problemi più gravi del momento». Lo spiega il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone con una lettera pubblicata oggi su La Repubblica.

Ma, prosegue il magistrato, «la quasi totalità» di quelle che vengono definite “fughe di notizie” è in realtà costituita «dalla divulgazione di notizie o atti non più segreti», «sono proprio questi gli atti e le notizie che riempiono ogni giorno le pagine dei giornali e degli altri media, non perché siano “fuggite”, ma perché legittimamente in possesso di tutti i soggetti interessati. E sono queste stesse notizie, nella loro oggettività o nell’uso che i mass-media ne fanno, che possono incidere, anche in modo gravissimo, sulla privacy e sulla reputazione dei cittadini divenendo in alcuni casi un’autentica gogna mediatica».

«Per questo genere di notizie non più segrete, però esiste il problema di stabilire un punto di equilibrio tra quattro ordini di interessi, tutti di rilievo costituzionale: il diritto dello Stato di svolgere le indagini sui reati, specie quelli più gravi, e punirne i responsabili; il diritto di difesa (che esige la conoscenza degli atti); il diritto all’informazione e alla libertà d’espressione; il diritto alla privacy», spiega Pignatone.

«È evidente che è compito del legislatore trovare questo (difficile) punto di equilibrio. Ed è altrettanto evidente come fino a oggi questo compito non sia stato assolto”, prosegue. “il Codice si limita a stabilire il divieto di pubblicazione degli atti prima che essi siano oggetto della pubblica udienza. Si tratta però di una norma farisaica che tradisce la cattiva coscienza del legislatore. La sua violazione da parte del giornalista è punita infatti con l’ammenda da 51 a 258 euro e può essere oggetto di oblazione, perdendo così ogni rilievo penale».

«Il risultato dell’indifferenza del legislatore è quello che vediamo ogni giorno – osserva – il sacrificio, non sempre indispensabile, del diritto alla privacy e alla reputazione».

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