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Praticante si presenta come avvocato: condannato

Il praticante avvocato che si presenta ai clienti come avvocato commette il reato di esercizio abusivo della professione (art. 348 codice penale).

Praticante si presenta come avvocato: il caso

Un praticante avvocato è stato condannato dal Tribunale di Lucca, nel 2013, per i reati di esercizio abusivo della professione (art. 348 c.p.) e per falso materiale in scrittura privata (art. 485 c.p.). In un contenzioso tra una compagnia assicuratrice e i congiunti di un uomo deceduto in un sinistro stradale, il praticante si era presentato come legale incaricato della trattazione della pratica con la compagnia assicuratrice. E, inoltre, aveva fatto firmare agli assistiti quietanze e ricevuto acconti in denaro. La condanna è stata confermata dalla Corte di Appello di Firenze.

Il praticante ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo di non aver mai compiuto atti tipici della professione forense ma di essersi limitato a seguire la vicenda per conto dell’avvocato titolare dello studio. Ha proseguito motivando che l’aver fatto sottoscrivere ai clienti quietanze e attestazioni di pagamento e l’aver ricevuto acconti in denaro, non avrebbero rappresentato un’attività tipica della professione legale, dalla quale si configurerebbe il reato di esercizio abusivo della professione.

Praticante si presenta come avvocato: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con sentenza 7630/2017 della quinta sezione penale, ha respinto il ricorso del praticante avvocato. I giudici della Suprema Corte hanno confermato la decisione della Corte d’Appello che ha richiamato una giurisprudenza consolidata al fine di ritenere che l’attività che lo stesso imputato ha ammesso di avere svolto nell’ambito della controversia (tenere i contatti con la compagnia assicuratrice, far firmare quietanze all’esito di trattative stragiudiziali) fosse, nel suo complesso, tipica della professione forense. Già una precedente sentenza delle Sezioni Unite, n. 11545/2011, afferma che “Integra il reato di esercizio abusivo di una professione (art. 348 cod. pen.), il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva a una determinata professione, siano univocamente individuati come di competenza specifica di essa, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuatività, onerosità e organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato”.

La Cassazione ha annullato la sentenza limitatamente al reato di falso materiale in scrittura privata (art 485 c.p.) perché è stato depenalizzato, quindi non più previsto come reato ma come illecito civile. I giudici hanno confermato la condanna per esercizio abusivo della professione e hanno rinviato alla Corte d’Appello per la rideterminazione della pena.

Livia Carnevale

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