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Prescrizione dei reati: per Italia è rischio infrazione

L’Unione Europea si è pronunciata sulla legittimità della normativa penale italiana in tema di prescrizione dei reati. In realtà, non si tratta di un vero e proprio provvedimento della Corte di Giustizia né di una condanna per infrazione a carico del nostro paese; o meglio, non ancora.

La pronuncia è stata resa dall‘avvocato generale presso la Corte di Giustizia UE, Dott. Yves Bot in data 18 luglio 2017 nell’ambito della causa pregiudiziale sollevata dalla Corte Costituzionale italiana sull’interpretazione esatta della disposizione comunitaria ex art. 325 TFUE.

Le conclusioni dell’avvocato generale non sono vincolanti per la Corte di Giustizia ma è tuttavia altamente probabile che il supremo giudice dell’Unione segua la medesima linea nella sentenza che sarà prossimamente emessa sulla pregiudiziale italiana.

Prescrizione dei reati, la disapplicazione della normativa nazionale

Il principio del primato del diritto europeo comporta che, in caso di contrasto tra una norma italiana e una disposizione del diritto comunitario, prevalga quest’ultimo con obbligo per i giudici italiani di disapplicare la normativa nazionale contrastante e, successivamente, con obbligo per il legislatore di depurare l’ordinamento interno per renderlo conforme a quello europeo.

Così non ha fatto l’Italia rispetto al contenuto dell’art. 325 TFUE come interpretato chiaramente dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza Taricco. Con tale pronuncia, la Corte di Giustizia ha affermato che le frodi in materia di IVA possono ledere gli interessi finanziari dell’Unione europea con la conseguenza che gli Stati membri sono tenuti a reprimerle e sanzionarle con processi penali che si svolgano in maniera celere e certa con adeguate garanzie volte a garantire l’effettiva punibilità e la non prescrizione dei reati.

La normativa italiana ex artt. 160 e 161 del codice penale, dettando termini di prescrizione lunghi, soprattutto in virtù della disciplina di interruzione, sarebbe perciò incompatibile con quella europea e pertanto dovrebbe essere in primis disapplicata dai giudici nei processi pendenti e successivamente rivista dal legislatore.

La Corte costituzionale italiana ha sollevato questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia, facendo valere la teoria dei controlimiti, ovvero affermando che tale pronuncia comporterebbe una violazione inammissibile di principi costituzionali fondamentali quali quelli di legalità, certezza del diritto, affidamento ed irretroattività della legge penale in quanto comporterebbe l’applicazione di una normativa sulla prescrizione ai processi pendenti innovativa rispetto a quella vigente alla data dei fatti.

Ma l’avvocato generale Yves Bot della Corte di Giustizia UE non concorda con il nostro giudice delle leggi.

Viene ribadito l’obbligo del giudice nazionale di disapplicare le norme ex artt. 160 e 161 c.p. per garantire una sanzione effettiva e dissuasiva delle frodi lesive degli interessi finanziari dell’Unione, non assicurata altrimenti da una disciplina sulla prescrizione dei reati inidonea ad avere effetto dissuasivo e sanzionatorio effettivo ed efficace quale perseguita, in materia di frodi fiscali, dall’ordinamento comunitario.

Occorrerà ora attendere la sentenza della Corte di Giustizia per verificare se essa si assesti sulle posizioni espresse dall’avvocato e, quindi, valutare come reagirà lo stato italiano, se modificando la normativa sulla prescrizione, quantomeno in materia di frodi IVA, o se correrà invece il rischio di una costosa procedura di infrazione.

Martina Scarabotta

 

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