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Prodotti surgelati, frode in commercio per il ristoratore che non li indica nel menù

D’ora in avanti i ristoratori dovranno fare maggiore attenzione a cosa viene scritto nei menù che propinano ai loro avventori: commette reato di frode in commercio, infatti, il ristoratore che vende ai propri clienti alimenti surgelati senza informarli sulla loro reale natura, anche se tale clausola non è esplicitata in un rapporto di natura contrattuale con il cliente. Inoltre anche la mera detenzione di pesce o carne surgelati non segnalati ai clienti equivale a tentata frode in commercio. A pronunciarsi in tal senso è la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 34783 del 17 luglio 2017, con cui ha confermato la sentenza di condanna della corte d’appello di Milano.

La tesi della difesa: non c’è reato in caso di mera detenzione di prodotti surgelati

Il ristoratore, secondo il tribunale e la Corte d’appello di Milano, aveva servito agli ignari avventori piatti non freschi, ma di tale natura di questi alimenti non c’era traccia nei menù, ne il proprietario del locale si era preoccupato di darne notizia ai clienti. Per tanto l’imputato era stato condannato al pagamento di una multa di 200 euro per tentata frode di alimenti in commercio, ai sensi degli articoli 56 e 505 del codice penale. Contro tale sentenza aveva fatto ricorso il difensore di fiducia del ristoratore, chiedendone l’annullamento in quanto “la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente l’ipotesi di reato di tentativo di frode in commercio senza che vi fosse la prova della pattuizione, quantomeno in termini iniziali”. Secondo il ricorrente, infatti, “la mera detenzione di cibi surgelanti non integrerebbe il reato contestato, mancando l’inizio della contrattazione”.

La Cassazione: il reato c’è anche in assenza di contrattazione con il cliente

risotranteSecondo la Corte di Cassazione, invece, il contrasto interpretativo circa la configurabilità del tentativo di frode in commercio è ormai superato dalla giurisprudenza più recente, secondo cui “anche la mera disponibilità di alimenti surgelati, non indicati come tali nel menù, nella cucina di un ristorante, configura il tentativo di frode in commercio, indipendentemente dall’inizio di una concreta contrattazione con il singolo avventore”. Sono vari i precedenti in tal senso e nel tempo la giurisprudenza si è arricchita di dettagli: negli anni sono finite sotto la lente dei giudici osterie e ristoranti cinesi che servono prodotti congelati e pasticcerie di lusso che per preparare le loro ricette devono ‘abbattere’ i prodotti (processo che abbassa repentinamente di molti gradi sotto lo zero la temperatura degli alimenti). La conclusione è stata sempre la stessa: sanzioni da varie centinaia di euro a qualche mese di reclusione.  Per i giudici di Cassazione basta che i freezer contengano prodotti surgelati al momento del controllo per far scattare la multa e l’accusa di reato. In altre parole, è consentito conservare o vendere alimenti surgelati nei ristoranti, l’importante è che sia tutto scritto nel menù. Per questi motivi i giudici hanno dichiarato il ricorso del ristoratore inammissibile e lo hanno condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di 2.000 euro a favore della cassa delle ammende.

Eliseo Davì

 

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