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Proprietà intellettuale: la Corte di Giustizia approva risarcimenti pseudo punitivi

La Corte di Giustizia, Quinta Sezione, con la sentenza del 25 gennaio 2017, resa nella causa C-367/15, si è pronunciata in via pregiudiziale sull’interpretazione dell’articolo 13 della Direttiva Europea del 2004 in materia di diritti di proprietà intellettuale, con una pronuncia volta ad assicurare il massimo livello di tutela delle opere intellettuali.
La controversia opponeva la società polacca operante nel mercato di internet e televisione, la OTK, con sede a Oława in Polonia, alla società di gestione dei diritti d’autore, la SFP, di Varsavia, in merito da un’azione di contraffazione dei diritti di proprietà intellettuale.

La protezione della proprietà intellettuale in Europa

La regolamentazione internazionale della proprietà intellettuale è contenuta nell’accordo sugli ADPIC del 1994, nella  Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche del 1971, nella Convenzione di Roma per la protezione degli artisti interpreti ed esecutori e nella direttiva comunitaria n. 48 del 2004 dove viene affermato il comune principio per cui “in assenza di misure efficaci che assicurino il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, l’innovazione e la creazione sono scoraggiate e gli investimenti si contraggono”.

L’obiettivo della normativa internazionale in materia è quello di ravvicinare le varie legislazioni dei singoli stati al fine di assicurare un livello elevato, equivalente ed omogeneo di protezione della proprietà intellettuale nel mercato interno, evitando che esistano discrepanze accentuate nelle modalità di calcolo dei risarcimenti e dei procedimenti inibitori d’urgenza.

In caso di violazione dei diritti di proprietà intellettuale, la direttiva europea del 2004 prevede che “allo scopo di rimediare al danno cagionato da una violazione commessa da chi sapeva, o avrebbe ragionevolmente dovuto sapere, di violare l’altrui diritto, è opportuno che l’entità del risarcimento da riconoscere al titolare tenga conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali la perdita di guadagno subita dal titolare dei diritti o i guadagni illeciti realizzati dall’autore della violazione e, se del caso, eventuali danni morali arrecati. Qualora sia difficile determinare l’importo dell’effettivo danno subito, l’entità del risarcimento potrebbe essere calcolata sulla base di elementi quali l’ammontare dei corrispettivi o dei diritti che l’autore della violazione avrebbe dovuto versare qualora avesse richiesto l’autorizzazione per l’uso del diritto di proprietà intellettuale (il fine non è quello di introdurre un obbligo di prevedere un risarcimento punitivo, ma di permettere un risarcimento fondato su una base obiettiva, tenuto conto delle spese sostenute dal titolare, ad esempio, per l’individuazione della violazione e relative ricerche)”.

La controversia polacca e la pronuncia della Corte di Giustizia UE

La controversia definita con la pronuncia del 25 gennaio 2017 contrapponeva la SFP, organizzazione di gestione collettiva dei diritti d’autore autorizzata in Polonia e la OTK, società che distribuisce programmi televisivi nella città di Oława in Polonia.

In particolare, a seguito della risoluzione di un contratto di licenza, la OTK aveva continuato ad utilizzare opere tutelate dal diritto d’autore con la conseguenza che la SFP presentava un ricorso alla Commissione polacca del diritto d’autore all’esito del quale veniva emesso per la OTK il divieto, fino alla conclusione di un nuovo eventuale contratto di licenza, della ritrasmissione delle opere audiovisive tutelate e la condanna della stessa a versare alla SFP la somma di circa 88 mila euro a titolo risarcitorio. In Tribunale il risarcimento veniva ridotto alla somma di circa 36 mila euro ma contro tale decisione veniva proposta impugnazione dalla OTK, invocando la violazione dell’articolo 13 della direttiva 2004/48, in quanto, era stata irrogata una condanna, in favore del titolare dei diritti patrimoniali d’autore violati, ad un risarcimento pari ad una somma equivalente al doppio o al triplo della remunerazione adeguata, configurandosi come forma di sanzione e non di risarcimento.

La controversia è finita all’attenzione della Corte di Giustizia, chiamata ad interpretare in via pregiudiziale la normativa internazionale in materia, e in particolare l’art. 13 della direttiva 48/2004 ed è stato qui affermato il principio per cui “l’uso non autorizzato di un’opera altrui legittima il titolare dei diritti sulla detta opera a chiedere all’autore della violazione il pagamento di una somma equivalente al doppio del prezzo normalmente richiesto a titolo di concessione dell’autorizzazione per l’uso dell’opera, senza dover dimostrare il danno effettivamente subito“.

L’art. 13 sarebbe infatti una norma volta ad assicurare la massima tutela della proprietà intellettuale che non osta ad una normativa nazionale quale quella polacca che prevede siffatte forme risarcitorie, non considerate punitive ma eque e proporzionate di per sé nonché idonee a garantire un’adeguata tutela delle opere protette.

Martina Scarabotta

 

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