In tema di responsabilità medica la Corte di Cassazione ha sancito la mancanza di responsabilità al risarcimento del danno in capo ai sanitari dell’ospedale ritenendo che la violazione del principio del consenso informato incide su un bene giuridico diverso da quello della salute.
La pronuncia della Terza Sezione civile della Corte di Cassazione del 14 novembre 2017 (n. 26827) ha ad oggetto la domanda risarcitoria formulata da una paziente nei confronti l’Azienda Ospedaliera presso la quale si era sottoposta ad un intervento di sostituzione protesica.
Il fatto
La vicenda, risalente al 2009, coinvolgeva lo stato di salute di una paziente sottoposta ad un’operazione chirurgica di sostituzione protesica presso il reparto di ortopedia di una struttura sanitaria.
L’attrice, in via principale, lamentava un errore tecnico dei sanitari, riconducibile ad un’errata manovra nell’esecuzione dell’intervento, che le avrebbe provocato la frattura femorale e la conseguente lesione del nervo sciatico. In via incidentale, per l’ipotesi di mancato riconoscimento di responsabilità in capo ai sanitari, chiedeva il risarcimento del danno lamentando la mancata corretta prestazione del proprio consenso informato avvenuta attraverso un modulo prestampato.
Nel corso della prima fase del giudizio, il Tribunale di Verona condanna l’Azienda Ospedaliera, rigetta la domanda di risarcimento e accoglie quella che riguarda l’errata prestazione del consenso.
Nel luglio 2016 la Corte di Appello di Venezia conferma la decisione di primo grado ritiene infondati i motivi di gravame in relazione all’errore tecnico e si concentra sul secondo motivo.
Risultava, infatti, del tutto evidente la mancanza di una corretta informazione preventiva nel documento del consenso informato privo: del nome della paziente, della data e della dimostrazione della necessità dell’intervento. Pertanto, l’oggetto del risarcimento non avrebbe riguardato il pregiudizio conseguente all’operazione ma quello conseguente alla violazione del diritto all’autodeterminazione per mancanza di valido consenso.
Motivi della decisione
Rigettando i primi tre motivi: 1) la violazione dell’articolo 1218 del cod. civ e la falsa applicazione degli oneri di ripartizione della prova in materia di responsabilità professionale medica; 2) la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, ed in particolare degli artt. 1218 e 2697 c.c. e art. 116 c.p.c.; 3) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ovvero mancato integrale esame dei fatti e delle conclusioni nonché omessa considerazione della mancanza del registro operatorio nella cartella clinica della paziente.
La Cassazione ritiene infondato anche il quarto motivo del ricorso ma entra nel merito pronunciandosi riguardo al risarcimento del danno derivante dalla mancata acquisizione di un valido consenso informato.
La mancanza di un valido consenso informato viola il diritto all’autodeterminazione del paziente.
Secondo la Cassazione, la mancanza di consenso può assumere rilievo a fini risarcitori quando siano configurabili conseguenze pregiudizievoli che derivino dalla violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione in se considerato, a prescindere dalla lesione incolpevole alla salute del paziente.
Tale diritto, distinto da quello alla salute, rappresenta, secondo l’insegnamento della stessa Corte costituzionale (sentenza n. 438 del 2008), una doverosa e inalienabile forma di rispetto per la libertà dell’individuo, nonché uno strumento relazionale volto al perseguimento e alla tutela del suo interesse ad una compiuta informazione, che si sostanzia nella indicazione: delle prevedibili conseguenze del trattamento sanitario; del possibile verificarsi di un aggravamento delle condizioni di salute; dell’eventuale impegnatività, in termini di sofferenze,del percorso riabilitiativo post-operatorio.
Ciò rappresenta la legittima pretesa per il paziente di conoscere con necessaria e ragionevole precisione le conseguenze dell’intervento medico e prepararsi ad affrontarle con maggiore o migliore consapevolezza.
Il principio personalistico che anima la nostra Costituzione vede nella persona umana un valore etico in sé e ne sancisce il rispetto della sua vita e l’integralità della sua essenza.
Ad una corretta e compiuta informazione per il paziente che si sottopone a cure mediche consegue la facoltà di: scegliere tra le diverse opzioni di trattamento medico; valutare la possibilità di acquisire pareri di altri sanitari; la facoltà di scelta di rivolgersi ad una struttura che offra maggiori e migliori garanzie del risultato sperato, eventualmente anche in relazione alle conseguenze post-operatorie; la facoltà di rifiutare l’intervento o la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla.
Diversamente, il paziente che richieda il risarcimento del danno da lesione alla salute che si sia verificato per conseguenze non imprevedibili di un atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma compiuto senza la preventiva informazione circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli, deve allegare, che egli avrebbe rifiutato quel determinato intervento se fosse stato adeguatamente informato (Cass. civ. Sez. 3, Sent., 9-2-2010, n. 2847).
Dovrà anche dimostrare che tra il permanere della situazione patologica e le conseguenze dell’intervento medico, avrebbe scelto la prima situazione, ovvero che, debitamente informato, avrebbe vissuto il periodo successivo all’intervento con migliore e più serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze; predisposizione la cui mancanza andrebbe realisticamente e verosimilmente imputata proprio all’assenza di informazione.
La condizione di risarcibilità, avviene in via strettamente equitativa, del danno non patrimoniale (delineate dalle sentenze delle Sezioni unite nn. 26972-26975 del 2008) e richiede che esse varchino la soglia della gravità dell’offesa oltre un certo livello minimo di tollerabilità, da determinarsi dal giudice nel bilanciamento tra principio di solidarietà e di tolleranza secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico.
Nella specie, la ricorrente principale, nel lamentare, oltre che la lesione del proprio diritto all’autodeterminazione, anche un colpevole vulnus arrecato al proprio diritto alla salute, non risulta aver fornito in alcun modo una simile prova.
Rosalba Lo Buglio