Responsabilità medica: sì al risarcimento se si prova un danno alla salute
Cosa succede se un medico, invece di curare, adotta un’operazione rischiosa e aumenta i danni fisici del paziente? Secondo la Corte di Cassazione si tratta di una responsabilità medica da condannare. A stabilire il precedente ci ha pensato la sentenza n. 3136 emessa lo scorso 7 febbraio. Il <<peggioramento del danno a una salute compromessa>>, secondo il parere dei giudici, è meritevole di un risarcimento. Ogni giorno in più di salute è un privilegio che nessuno ha il diritto di intaccare.
Responsabilità medica, consenso informato ed errore di valutazione
La vicenda discussa riguardava due interventi di erniectomia involontariamente conclusi con la paralisi di entrambi gli arti inferiori del paziente. Una responsabilità medica che, secondo il parere della difesa, doveva essere valutata inaccettabile.
Differente è stata la posizione assunta dalla struttura sanitaria. Quest’ultima, infatti, ha sostenuto la tesi secondo la quale la paralisi, nel tempo, si sarebbe ugualmente verificata. Una conseguenza che, come dimostrato dal consenso firmato, il medico aveva ampiamente spiegato al paziente e alla sua famiglia.
In un primo processo al paziente è stato riconosciuto un risarcimento pari a 578.080,63 euro. La decisione presa dal medico in quella situazione, secondo il giudice, poteva lasciare supporre il danno ischemico e meccanico del midollo.
La decisione, però, è stata ribaltata dalla Corte d’Appello. Quest’ultima ha accettato le motivazioni della struttura sanitaria sottolineando l’importanza del consenso firmato. Il paziente, secondo la Corte, era stato adeguatamente informato su ciò al quale era stato ineluttabilmente destinato. Nella motivazione si legge che era <<impossibile fermare in qualche modo l’inarrestabile processo degenerativo che avrebbe portato alla paralisi di entrambi gli arti inferiori>>. Sulla base di queste informazioni, dunque, in appello è stato sottolineato <<che doveva escludersi una condotta colposa nell’operato dei medici>>.
Anticipare un danno: chi ha il diritto di assumersi questa responsabilità?
Secondo il parere della Cassazione, però, le cure mediche hanno il dovere di tentare di migliorare la salute del paziente. Da questo presupposto appare ovvio e <<necessario>> che l’operazione non debba << minimamente accelerare il danno>> . Un principio valido per qualsiasi trattamento medico da sottoporre ai pazienti.
Riprendendo la sentenza n. 5962 del maggio del 2000 i giudici hanno ripercorso il nesso di causalità che si verifica tra “bene – vita” e “bene – salute”.
È stato sottolineato, in sintesi, che non esiste soltanto il dualismo che intercorre tra vita e morte. La responsabilità medica, infatti, si ricollega al tentativo di migliorare la “qualità della vita” del paziente.
Il danno, in questo caso è legato alla <<privazione del fattore tempo>>.
Marcella Sardo