Era stato ribattezzato il “concorso truffa” o “concorso miracoloso” e, dopo una lunga e travagliata battaglia, i giudici del Tar del Lazio hanno messo la parola fine al caos che aveva coinvolto il concorso per 559 Allievi agenti di Polizia di Stato, ammettendo 350 candidati alle prove fisiche.
“Una vittoria sofferta – dichiarano gli avvocati Francesco Leone e Simona Fell – ma che ci riempie di orgoglio proprio perché abbiamo creduto sin dall’inizio che molti dei candidati avessero subito un torto”.
Il concorso, già una volta annullato per compra-vendita della banca dati utilizzata per le prove scritte, era stato ribandito e, ancora una volta, era stata utilizzata la medesima banca dati. Inoltre, le schede risposte consegnate ai candidati riportavano nome e cognome, in violazione del principio dell’anonimato della prova che deve essere garantito in tutti i concorsi pubblici. Per questi motivi, lo studio legale Leone-Fell & Associati aveva predisposto centinaia di ricorsi. “Non è stato semplice far valere le nostre ragioni – spiegano i legali – e già sapevamo sarebbe stato un iter lungo, ma non abbiamo mai perso la fiducia e sapevamo che anche questa volta sarebbe stata fatta giustizia”.
I circa 350 ricorrenti che, inizialmente non avevano superato la prova scritta – effettuata in violazione dell’anonimato e con una banca dati del tutto illegittima – adesso saranno convocati per effettuare le prove fisiche.
L’importanza di garantire il rispetto delle regole è stata riconosciuta anche dai giudici del Tar del Lazio che, a conclusione della decisione adottata hanno ammonito l’amministrazione che ha bandito il concorso affermando precisamente che “la decisione che precede avrà, come ulteriore effetto conformativo, l’onere per l’amministrazione di ripensare, per il futuro, le modalità con le quali espletare le diverse selezioni concorsuali che periodicamente bandisce, individuando forme di somministrazione dei test di prova che siano scrupolosamente rispettose del principio dell’anonimato, onde evitare, per il futuro, di incorrere in consistenti contenziosi, quale quello che ha interessato la procedura per cui è causa, e conseguenti inevitabili pronunce di accoglimento dei ricorsi, le cui pesanti ricadute sulle casse erariali sono facilmente intuibili”.