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Ricettazione per chi viene trovato alla guida di un’auto rubata con targa e telaio manomessi

Commette ricettazione e non riciclaggio chi viene fermato alla guida di un’automobile rubata, con telaio e targa manomessi, se non si prova che tali alterazioni sono state poste in essere dallo stesso. (Corte d’Appello di Roma 75/2017).

Ricettazione, il caso

L’imputato veniva trovato alla guida di un’autovettura, la cui carta di circolazione riportava caratteristiche di costruzione diverse da quelle effettive del veicolo, il cui telaio risultava alterato e la targa sostituita.

Inoltre, la chiave di accensione non consentiva di aprire gli sportelli e la serratura lato conducente presentava evidenti segni di effrazione.

Si accertava che il veicolo era provento di furto e l’automobilista veniva condannato per il reato di riciclaggio, ai sensi dell’art.648 bis c.p. e art.116, comma3, dlgs 285/1992.

Ricettazione, i tratti distintivi rispetto al riciclaggio

Il giudice di seconde cure accoglie parzialmente il ricorso della difesa poiché ritiene che, difettando la prova che l’imputato abbia manomesso il telaio o la targa, si configuri il reato di ricettazione, ai sensi dell’art.648 c.p., e non quello di riciclaggio, ai sensi dell’art.648 bis c.p..

Si ha riciclaggio quando vengono poste in essere operazioni per ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, compiendo attività che abbiano come risultato l’impossibilità di ricollegare il bene al proprietario che ne sia stato precedentemente spogliato: in ciò tale fattispecie si differenzia dalla ricettazione.

E’ vero che il reato di riciclaggio reprime “sia le attività che si esplicano sul bene trasformandolo o modificandolo parzialmente, sia quelle che, senza incidere sulla cosa ovvero senza alterarne i dati esteriori, sono comunque di ostacolo per la ricerca della sua provenienza delittuosa”.
Tuttavia, poiché si realizzi compiutamente la fattispecie normativa di cui all’art.648 bis c.p., non basta in capo al soggetto il semplice possesso del bene di illecita provenienza, alterato in modo da ostacolarne l’identificazione della provenienza. Occorre, inoltre, quel “quid pluris” idoneo a dimostrare che l’imputato era direttamente coinvolto nelle operazioni di sviamento della prova.

La Corte si discosta dunque dalle conclusioni a cui era giunto il Tribunale, in quanto sostiene che quindici giorni siano sufficienti per modificare i segni identificativi di una vettura e immetterla nuovamente su strada, cedendola a terzi.

Nel caso in esame, manca la prova che sia stato il soggetto trovato alla guida dell’automobile ad alterarne il telaio e a sostituirne la targa. Il fatto che l’imputato fosse consapevole della provenienza delittuosa della vettura – posto che la chiave di accensione non consentiva di aprire gli sportelli, sulla serratura del conducente vi erano segni di effrazione e i documenti di circolazione si riferivano ad un altro modello – non può in alcun modo comportare che gli venga addebitata una diversa ed ulteriore condotta criminosa, consistente nell’aver ostacolato l’identificazione del veicolo.

La vicenda va dunque ricondotta, ai sensi dell’art.648 c.p., nell’alveo della ricettazione, sussistendone sia l’elemento oggettivo, che si concreta nel possesso della cosa proveniente da delitto, sia l’elemento soggettivo, essendo evidente la consapevolezza di tale provenienza illecita.

Teresa Cosentino

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