La settimana che si apre oggi dovrebbe portare novità sul fronte dell’approvazione della controversa riforma del processo penale, dopo che venerdì scorso il Consiglio dei ministri ha dato l’autorizzazione a porre la questione di fiducia. Con questa mossa il Governo ha inteso dare scacco ai malpancisti della maggioranza, che con il voto segreto avrebbero potuto mettere a rischio il varo della norma votando insieme ai 5stelle. Approfittando delle fibrillazioni all’interno dello schieramento che sostiene Gentiloni, infatti, i deputati penstastellati hanno fatto propri gli emendamenti più indigesti ai centristi di Area popolare, quelli che erano stati ritirati dall’ala considerata più giustizialista del Pd. «La fiducia è un errore politico, su questo ddl così divisivo l’accordo non c’è. Il testo andrebbe migliorato e quello della fiducia è un metodo sbagliato», sibila alle agenzie di stampa Felice Casson, vice presidente della commissione Giustizia e relatore sul ddl, che la settimana scorsa ha preso parte al drappello dei 13 ex democratici che ha abbandonato il PD per approdare al neonato Movimento democratico e progressista.
La rivolta dei penalisti
Ma le ragioni dell’attenzione nei confronti del provvedimento all’esame di Palazzo Madama vanno ben al di là dei precari dei precari equilibri della maggioranza che sostiene il Governo Gentiloni. La riforma è di una complessità estrema: oltre che sulla disciplina della prescrizione, su parti del codice penale e del codice di procedura penale, il ddl interviene anche su buona parte del sistema dell’amministrazione penitenziaria e sul regime delle intercettazioni.
Data l’importanza dei temi trattati, la scelta di porre la questione di fiducia è risultata indigesta al mondo forense. Di più: inaccettabile.
Di tutta risposta, dunque, l’Unione delle camere penali italiane – critica sin da principio nei confronti dell’impianto della riforma, definita «schizofrenica» – ha deciso di far sentire la propria voce ed ha deliberato cinque giorni di astensione dalle udienze dal 20 al 24 marzo, «invitando le Camere Penali territoriali ad organizzare in tali giorni manifestazioni ed eventi dedicati ai temi della riforma del processo penale indicati nella Delibera, indicendo in Roma una manifestazione nazionale per il giorno 22 marzo 2017, riservandosi di adottare ogni ulteriore iniziativa a difesa del processo e dei diritti e delle garanzie di tutti i cittadini». La questione di fiducia, rivendica l’unione dei penalisti, è inaccettabile perché solo un approfondito dibattito che coinvolga tutte le forze politiche potrà consentire di selezionare quello che nel ddl «sembra andare nel verso della tutela delle garanzie processuali, o verso una improcrastinabile riforma della intera esecuzione penale, contrastando l’eventuale recupero di ciò che va invece in senso contrario».
(clicca qui per leggere il comunicato dell’UCPI)
Parole di fuoco anche presidente di Aiga (Associazione italiana giovani avvocati) Michele Vaira. Questa riforma segnerebbe «la morte del diritto processuale italiano», accusa il leader dei giovani avvocati, che teme che la la scelta di porre la questione di fiducia azzeri ogni discussione e possibile miglioramento parlamentare del testo. Così stando le cose, invece, la bocciatura della riforma è senz’appello: «Il generale inasprimento delle pene previsto dalle nuove disposizioni per alcune tipologie di reato, la nuova disciplina della prescrizione, con il conseguente ed irragionevole potenziale allungamento dei tempi processuali, le norme sulla ‘partecipazione a distanza’ al processo e la delega al governo sulle intercettazioni costituiscono solo alcuni esempi di una riforma che nel complesso rappresenta un pericoloso passo indietro sul fronte delle garanzie e dell’effettività del diritto di difesa, rispetto a cui tutta l’avvocatura non può che manifestare la sua più ferma ed assoluta contrarietà», dichiara Vaira al Giornale.
Il contenuto del ddl penale
Ecco i punti fondamentali del ddl penale.
La riforma prevede innanzitutto l’inasprimento delle sanzioni per il voto di scambio politico-mafioso, che viene punito con il carcere da sei a dodici anni; l’aumento delle pene per il furto in abitazione, lo scippo e la rapina; quanto alla prescrizione, per alcuni reati in danno dei minori, essa decorre dal compimento della maggiore età della vittima (salvo che la notizia del reato sia precedente al compimento dei 18 anni).
Il provvedimento dispone inoltre che l’interruzione della prescrizione non può comportare l’aumento di più della metà del tempo necessario a prescrivere anche per i reati di corruzione, concussione, peculato.
Sul fronte delle intercettazioni, la delega riguarda, oltre alle misure per garantire la riservatezza, una fattispecie di reato legata alla diffusione di immagini o conversazioni telefoniche fraudolentemente captate.
Viene disciplinato, inoltre, l’uso dei cosiddetti “trojan”, stabilendo che l’attivazione avvenga con comando attivato da remoto e non con il solo inserimento del “captatore informatico.
Infine, non possano essere in alcun modo conoscibili, divulgabili e pubblicabili i risultati di intercettazioni che abbiano coinvolto occasionalmente soggetti estranei ai fatti per cui si procede.
(Amer)