La Corte di Cassazione ha sancito che il giudice deve effettuare la liquidazione del danno non patrimoniale sulla scorta delle tabelle in vigore al momento della liquidazione, specie se tra il primo grado e l’appello sia intervenuta una variazione dei criteri di liquidazione.
In caso di sinistro in cui si verifichi la perdita di una persona cara, è prevista dalla legge la facoltà di ottenere, una volta appurata la colpevolezza del reo, il risarcimento non patrimoniale per il danno subito.
I parametri di liquidazione del danno, vengono definiti all’interno di “Tabelle” che, ogni Tribunale, può personalizzare in sede di risarcimento; tuttavia, si consiglia di utilizzare il criterio predisposto dal Tribunale di Milano, ampiamente diffuso sull’intero territorio dello Stato (Cass. 12408/2011; Cass. 20895/2015).
Ma quali sono i criteri applicabili, in caso di variazione dei parametri in corso di causa?
Risarcimento del danno non patrimoniale: il caso
A seguito di incidente stradale mortale, gli eredi della vittima, evocavano in giudizio il proprietario del veicolo antagonista, risultato privo di copertura assicurativa, e la compagnia di assicurazione quale impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime delle Strada (FGVS), per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dagli stessi familiari, conviventi e non, da perdita del rapporto parentale (c.d. danno esistenziale), al danno biologico jure proprio, ed al danno patrimoniale per le spese documentate.
La domanda, proposta dinnanzi al Tribunale di Pistoia, veniva accolta con ordinanza emessa in data 14/12/2004, prevedendo il risarcimento graduato secondo le rispettive responsabilità, nella misura del 30% a carico della vittima e il restante 70% a carico del proprietario del veicolo investitore.
Sull’appello proposto dalla compagnia assicuratrice, la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 26/11/2012 n. 1515, accoglieva parzialmente il gravame per l’omessa applicazione della riduzione del risarcimento nella misura corrispondente al concorso di colpa attribuito alla vittima, mentre respingeva l’appello incidentale volta all’applicazione della tabelle rielaborate dal Tribunale di Milano nell’anno 2009, in corso di causa.
Fermamente convinti delle loro ragioni, i danneggiati proponevano ricorso per Cassazione, eccependo, tra l’altro, la violazione degli artt. 1226, 2056 e 2059 Cc. .
Risarcimento del danno non patrimoniale: la decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con la sentenza del 13 dicembre 2016, n. 25485, ha accolto il ricorso dei danneggiati, ritenendo che, ogni qual volta le tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale vengano modificate con l’applicazione di “differenti criteri” per il risarcimento, il Giudice è tenuto ad applicare tali nuove tabelle, anche se il danno si è verificato sotto la vigenza delle precedenti, potendo siffatta richiesta essere avanzata anche in grado di appello.
I giudici di Piazza Cavour, hanno ritenuto, infatti, che, «se definito il giudizio di primo grado, avente ad oggetto il risarcimento del danno non patrimoniale, con sentenza che applica i criteri di liquidazione previsti nelle “Tabelle” (nella specie in uso presso l’Ufficio giudiziario di Milano) “vigenti” al momento della spedizione a sentenza della causa in primo grado, l’intervenuta variazione di quei criteri, nelle more del giudizio di appello (a seguito della adozione di nuove Tabelle che prevedano modalità diverse di commisurazione del medesimo danno tali da comportare un incremento dell’importo risarcibile), legittimi l’attore-danneggiato ad impugnare la sentenza di primo grado per ottenere la liquidazione del maggiore importo risarcitorio attribuito in base ai differenti criteri tabellari sopravvenuti».
Occorre premettere, però, che in ordine al corretto esercizio del potere di liquidazione equitativa del danno, la Corte ha enunciato il principio secondo cui, «quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l’adozione della regola equitativa di cui all’art. 1226 cod. civ. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché esaminati da differenti Uffici giudiziari».
Pertanto, il Giudice di merito deve necessariamente attenersi ai criteri tabellari esistenti al momento della decisione ovvero, qualora intenda discostarsi dagli stessi, deve fornire adeguata e idonea motivazione; in caso contrario, non può ritenersi che la domanda risarcitoria abbia trovato il dovuto ristoro nella liquidazione effettuata.
A tal proposito, conclude la Suprema Corte, una «tale soluzione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte che ha ravvisato una mera “emendatio”, e non una “mutatio libelli”, nel caso in cui il danneggiato, che abbia introdotto il giudizio richiedendo in domanda il risarcimento del danno in base alle allora vigenti “Tabelle”, alla udienza di precisazione delle conclusioni richieda, invece, che la liquidazione del danno venga disposta tenendo conto dei nuovi criteri tabellari “medio tempore” adottati dall’Ufficio giudiziario, sempre che, evidentemente, attraverso tale mutamento non si introducano nel giudizio fatti nuovi o nuovi temi di indagine, nonché con il principio affermato nel precedente di questa Corte secondo cui, se le “Tabelle” applicate per la liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto cambino nelle more tra l’introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice, anche d’appello, ha l’obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione».
Occhio, pertanto, ai mutamenti in corso di causa che possono portare ad un esito diverso della controversia.
Maria Teresa La Sala