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Il risarcimento del danno da ritardo procedimentale

La sussistenza di un interesse legittimo pretensivo può giustificare il risarcimento del danno da ritardo procedimentale.
Esso dovrà fondarsi sulla «dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole», nonché sulla prova «della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse».

IL RISARCIMENTO DELL’INGIUSTO DANNO DA RITARDO PROCEDIMENTALE

In tal senso si è espresso il T.a.r. Salerno con la recente sent. n. 87/2017.
Il ricorrente aveva richiesto alle P.a. il risarcimento dei danni conseguenti al mancato rilascio di un titolo abilitativo edilizio.
Il comportamento silente serbato dalle Amministrazioni integrava una condotta illecita.
Nel caso di specie, sussistevano tutti gli elementi richiesti per configurare una ipotesi risarcitoria da ritardo procedimentale, ai sensi dell’art. 2 bis della legge n. 241/90.
Non solo la relazione causale e l’esistenza della colpa.
Ma anche il danno connesso, nel caso di specie, all’effettuazione dell’intervento edilizio ed alla successiva utilizzazione del cespite in chiave produttiva.
Infatti, l’inerzia ed il ritardo avevano un interesse sostanziale di effettiva pertinenza del privato.
Tuttavia, il ricorrente non aveva fornito una prova adeguata in merito alla quantificazione del danno ingiusto.
Di conseguenza, il T.a.r. disponeva il risarcimento in via equitativa ex art. 1226 c.c..

IL DANNO DA RITARDO E L’INTERESSE LEGITTIMO PRETENSIVO TUTELATO

Il solo ritardo nell’emanazione di un atto non è elemento sufficiente per configurare un danno “ingiusto”.
Difatti, può sussistere l’obbligo di risarcimento nel caso di procedimento amministrativo lesivo di un interesse pretensivo dell’amministrato.
Ciò nelle ipotesi in cui esso sia da concludere con un provvedimento favorevole per il destinatario o se sussistano fondate ragioni per ritenere che l’interessato avrebbe dovuto ottenerlo (cfr. Cons. Stato, n. 63/2014).
Inoltre, ai fini dell’accertamento della sussistenza e della misura dell’obbligo risarcitorio ex art. 2043 c.c., occorre stabilire una relazione di causalità tra la condotta della P.a. e il danno ingiusto.
Un orientamento ritiene che ai fini dell’accertamento della sussistenza e della misura dell’obbligo risarcitorio occorra, un duplice nesso causale (Cons. Stato, n. 1953/15).
Quello tra condotta ed evento, nel senso di lesione di un interesse giuridicamente protetto.
In secondo luogo, quello tra evento e conseguenze dannose, sotto forma di pregiudizi di carattere patrimoniale.

L’ARTICOLO 2 BIS DELLA LEGGE N. 241 DEL 1990 ED IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA RITARDO

L’art. 2 bis l. 7 agosto 1990, n. 241 è rubricato “Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento”.
La norma individua i soggetti «tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento».
È stato chiarito che essa non ha elevato a bene della vita suscettibile di autonoma protezione l’interesse procedimentale al rispetto dei termini dell’azione amministrativa.
Il risarcimento del danno si ricollega pur sempre alla spettanza dell’interesse sostanziale al cui conseguimento il procedimento stesso è finalizzato (cfr. Cons. Stato, n. 4580/16).
Inoltre, il riconoscimento della responsabilità della P.a. richiede la prova del danno lamentato.
Colui che ritiene di essere danneggiato è onerato di fornire la prova dell’esistenza del pregiudizio.
La sua valutazione equitativa, regolata dall’art. 1226 c.c., è ammessa in casi eccezionali.
Ovvero nelle situazioni di impossibilità o di difficoltà di presentare una puntuale prova sul preciso ammontare del danno subito.

Iacopo Correa

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