Ruba due confezioni di bresaola al supermercato, condannato
Anche il più leggero e genuino tra i salumi in commercio, può essere indigesto, soprattutto se viene sottratto impropriamente dal banco frigo del supermercato, prima dell’uso.
E’ stato, infatti, condannato a cinque mesi di reclusione e 150 euro di multa per aver tentato di rubare due confezioni di bresaola al supermercato, un quarantenne di Milano, che in seguito alla pesante condanna inflittagli dalla Corte di appello meneghina, chiedeva di accertare la “lieve entità” alla Corte di Cassazione. Ma i giudici di Piazza Cavour, hanno rigettato il ricorso e confermato la pena dei giudici di merito.
In effetti, si legge nella sentenza n. 11423/2017 “per degradare l’imputazione da furto comune a furto lieve non bastano la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, ma occorre, invece, una situazione di grave e indifferibile bisogno, al quale si possa provvedere soltanto attraverso il bene sottratto”.
Tale principio, già ribadito in alcune precedenti sentenze della Suprema Corte, tende a specificare che il soddisfacimento del bisogno primario deve essere valutato non soltanto sotto il profilo psicologico, ma anche da un punto di vista oggettivo. A tal proposito, infatti, l’onere della prova spetta all’imputato, il quale è tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti, ma propedeutici a volgere il giudizio in suo favore. I tratti distintivi della fattispecie delineati dalla Corte di Cassazione, quindi, ossia la gravità del bisogno e sua indifferibilità, sono però del tutto assenti nel caso preso in esame, dove l’unico elemento dedotto dal ricorrente per sostenere la configurabilità del grave e urgente bisogno è il proprio stato di difficoltà economica, desunto dalla ammissione dell’imputato al gratuito patrocinio.
La Suprema Corte ha infatti definito “infondata” l’accusa alla Corte di appello di aver calcolato la sanzione tenendo in considerazione il numero dei precedenti penali dell’imputato, già valutati con l’applicazione della recidiva.
Il maldestro ladro, quindi, non può appellarsi alla propria povertà, al proprio stato di bisogno ed è risultato vano anche il richiamo al minimo valore economico della merce.
Mariano Fergola