Rumori in condominio: per il risarcimento va provato l’ammontare del danno
Il tema dei rumori in condominio e delle relative conseguenze legali ha da sempre interessato la giurisprudenza. Se il regolamento di condominio non contiene una specifica disciplina, la norma concretamente applicabile in sede civile è l’art. 844: la disposizione impone che si debbano sopportare le immissioni rumorose al di sotto della soglia della “normale tollerabilità”. Quelle intollerabili invece non solo potranno essere impedite, ma daranno luogo ad un risarcimento.
La Cassazione: per il risarcimento va provato il danno
La Corte di Cassazione ha recentemente statuito, con la sent. 1363 del 2017, resa dalla seconda sezione civile, che l’accertamento di una immissione illecita ex art. 844 c.c. non genera automaticamente un diritto al risarcimento del danno. L’immissione è uno tra i requisiti che giustificano una pretesa risarcitoria ex art. 2043, ma perché si possa concretamente ottenere una gratificazione in danaro, è necessario fornire l’ulteriore precisa e circostanziata prova del danno materialmente subito. In quest’ottica, parte attrice che agisce per il risarcimento dovrà offrire elementi di prova tali da dimostrare non solo l’esistenza di una immissione illecita, ma anche che questa ha dato scaturigine ad un danno economicamente rilevante. La parte ne dovrà provare non solo la sussistenza, ma anche il concreto ammontare, potendosi comunque in caso di naturale incertezza sulla precisa determinazione, appellare ai poteri equitativi del giudice. La Suprema Corte ha affermato siffatto principio nella pronuncia citata ed ha correttamente sostenuto che, laddove la domanda non sia sostenuta da un adeguato compendio probatorio, il giudice di merito può procedere al rigetto.
Conclusioni: se il danno non è provato, la domanda va rigettata
Il rigetto, che tipicamente si ricollega al caso in cui le immissioni rumorose non raggiungano la soglia della intollerabilità, può quindi conseguire anche semplicemente ad una “insufficienza probatoria”. Sostengono testualmente i giudici della Suprema Corte: “Non sussiste la lamentata contraddittorietà, perché ben può il giudice del merito, senza con ciò incorrere in alcun vizio logico, rigettare la proposta domanda ex articolo 844 codice civile, per la cospirante convergenza di una duplice ragione giustificativa, sia perché i rumori e le missioni non raggiungono il limite della intollerabilita, sia perché manca la prova sull’esistenza del patito danno”.
Davide Gambetta