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Schiacciata dalle porte della metropolitana: concorso colposo o risarcimento del danno?

Una vicenda che ha coinvolto la metropolitana di Milano, in cui un passeggero è rimasto schiacciato dalle porte del vagone di un treno, è stata l’occasione per consentire alla Suprema Corte di pronunciarsi sulla responsabilità del vettore e delle società di trasporto in generale, con la sentenza della terza sezione civile, n. 249 del 10 gennaio 2017.

Nella vicenda, era stata convenuta in giudizio l’Azienda Trasporti Milanese, per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti da un passeggero a causa del malfunzionamento delle porte di un treno della metropolitana in quanto, al momento della discesa, era rimasto imprigionato tra i due battenti, che si erano chiusi automaticamente, riportando lesioni personali.

Il Tribunale di Milano e la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda sul rilievo che la negligenza dimostrata dall’attrice nell’ignorare le segnalazioni acustiche e nel violare il divieto di interporre ostacoli alla chiusura delle porte aveva liberato la controparte dalla presunzione di colpevolezza da cui era gravata ex art. 1681 c.c., secondo cui “il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell’avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.

Secondo la Suprema Corte, la condotta colposa di parte attrice non era sufficiente a soddisfare tale onere probatorio, in quanto l’eventuale concorso colposo dell’infortunato non vale di per sè ad escludere la responsabilità del vettore, in difetto della necessaria prova liberatoria.

Quest’ultima, per liberarsi, avrebbe dovuto provare: l’esistenza dei necessari dispositivi antischiacciamento, che consentono la riapertura automatica delle porte prima della ripartenza del treno in presenza di ostacoli che ne impediscano la completa chiusura e che erano evidentemente non presenti o malfunzionanti, e l’adempimento dell’obbligo del macchinista di verificare l’avvenuta chiusura di tutte le porte prima della ripartenza del convoglio, cosa non avvenuta in quanto il treno era ripartito, percorrendo un breve tragitto, prima di fermarsi per consentire alla vittima di liberarsi dalla stretta delle portiere.  Altrimenti, si confonderebbe il piano del possibile concorso colposo della vittima con quello del superamento della presunzione gravante sul vettore, in pieno contrasto con il disposto normativo.

Il fatto che la donna non si sia attenuta alle segnalazioni acustiche e al dovere di non interporre ostacoli alla chiusura nulla toglie al fatto che, in presenza di dispositivi antischiacciamento, le portiere non si sarebbero dovute chiudere e che il macchinista non avrebbe dovuto far ripartire il treno prima di avere verificato la completa chiusura delle porte di tutti i convogli.

Deve infatti ribadirsi che, nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore danneggiato ha l’onere di provare, oltre all’esistenza e all’entità del danno, il nesso esistente fra il trasporto e l’evento dannoso, mentre incombe al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità posta a suo carico, la prova che l’evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando l’ordinaria diligenza.

Martina Scarabotta

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