Quando lo stalker si avvale di un veicolo per commettere gli atti persecutori ai danni della vittima, può scattare il sequestro preventivo dell’auto se viene provato il nesso di pertinenzialità tra le condotte moleste e l’uso del mezzo.
Nell’ottobre 2015 veniva emesso dal GIP di Reggio Calabria un decreto di sequestro di un’autovettura intestata al soggetto imputato del reato di stalking ex art. 612-bis c.p. in quanto utilizzata, secondo l’accusa, per perpetrare gli atti persecutori ai danni della vittima. La condotta molesta era consistita nel bloccare gli accessi all’attività commerciale della vittima con l’uso di un’autovettura parcheggiata in maniera tale da ostacolare l’accesso dei clienti al negozio.
Il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria rigettava la richiesta di riesame presentata avverso il provvedimento di sequestro e l’imputato presentava dunque ricorso per Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 321 c.p.p. vista l’assenza del nesso di pertinenzialità e del periculum in mora, in quanto il veicolo sequestrato non sarebbe stato strutturato e finalizzato esclusivamente a compiere gli atti persecutori di cui all’imputazione.
La Corte ha tuttavia rigettato il ricorso, in quanto dagli atti di indagine sarebbe emersa una serie continua di episodi, comprovati dalle immagini dell’impianto di videosorveglianza, nei quali l’imputato avrebbe reiteratamente utilizzato l’automezzo poi sequestrato per perpetrare molestie ai danni della vittima, parcheggiando il veicolo in questione nei pressi dell’ingresso pedonale del suo negozio al fine di renderne più disagevole l’accesso per i clienti, o bloccando la rampa carrabile in prossimità del cancello di proprietà, così impedendo l’accesso di qualsivoglia veicolo sul retro dell’attività commerciale, o occupando lo spazio in cui la persona offesa aveva diritto di parcheggiare.
Dagli atti sarebbe quindi emerso il sistematico uso molesto del veicolo sequestrato così dimostrando l’esistenza del nesso di pertinenzialità di quest’ultimo con il reato di stalking ex art. 612-bis c.p., con una reiterazione delle proprie condotte nel tempo che ha determinato nella persona offesa un perdurante stato d’ansia, esistendo una relazione di asservimento degli automezzi al reato ed un oggettivo collegamento tra i medesimi non nei termini di un rapporto di mera occasionalità ma di uno stretto nesso strumentale.
Uso del veicolo per la commissione di reati, la differente prova della pertinenzialità per il sequestro
In base al tipo di reato commesso e alle circostanze del caso concreto, differente è la rigorosità della prova richiesta in merito al messo di pertinenzialità tra l’uso del veicolo e la commissione del reato contestato all’imputato.
Così, ad esempio, la Suprema Corte ha analizzato il nesso pertinenziale richiesto tra il sequestro del veicolo e i reati connessi allo spaccio di droga, ritenendo di regola illegittimo il sequestro preventivo dell’autovettura utilizzata per commettere i reati di trasporto ed occultamento di droga, nei casi in cui l’autovettura non fosse stata adattata con particolari modifiche strutturali volte a facilitare tali attività ilelcite, essendo diversamente configurabile un rapporto non funzionale e strumentale, ma solo occasionale, tra l’autovettura ed il trasporto della droga.
Analogamente, la Corte in una precedente sentenza aveva ritenuto illegittimo il sequestro dell’autoveicolo finalizzato a consentire all’autore degli atti persecutori di raggiungere la donna oggetto delle sue condotte molestie ed intimidatorie, in virtù del fatto che l’indagato avrebbe potuto utilizzare altri mezzi di trasporto per raggiungere la persona offesa e dunque non essendo l’autovettura affatto funzionalmente inserita nell’organizzazione esecutiva del reato, trovandosi con questo in un rapporto solo occasionale
Nel caso concreto invece, esisterebbe il nesso di pertinenzialità tra l’automezzo utilizzato ed il delitto di stalking perpetrato ai danni della persona offesa, in quanto la condotta era volta proprio ad ostacolare l’esercizio dell’attività commerciale della vittima con l’utilizzo del veicolo sequestrato, quindi con un costante e reiterato inserimento del veicolo nell’organizzazione esecutiva del reato.
In conclusione dunque la Corte ha ravvisato uno stretto nesso strumentale tra il veicolo e le condotte di stalking che ne hanno giustificato il sequestro preventivo, e ciò al fine di evitare che la perdurante disponibilità della cosa pertinente al reato potesse protrarre o aggravare le conseguenze del reato.
Martina Scarabotta