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Sindaco critica il ricorso al TAR del privato: per la Cassazione non è diffamanzione

“Questo piano regolatore non s’ha da fare”. E così, M.V. e G.Q., tacciati di aver presentato dei ricorsi “inutili” al T.A.R., e di aver costretto l’amministrazione comunale a ”sprecare denaro pubblico” per difendersi, diventano -secondo l’espressione utilizzata dall’allora Sindaco, Fabrizio Minelli, in un volantino diffuso pubblicamente e in un articolo pubblicato sulla rivista locale  Araberara – il “Don Rodrigo di turno”.

Non la prendono bene, i diretti interessati, che considerano “asseritamente diffamatoria” la condotta dell’ex Primo cittadino di Salto Collina, nel bergamasco, e chiedono il risarcimento dei danni.

Lo scorso 16 maggio, la sez.III della Corte di Cassazione, articolando un ragionamento che gravita sul discrimine tra “diritto di critica” e “diritto di cronaca”, con l’ordinanza n. 12013, ha definitivamente escluso il carattere diffamatorio del contenuto, rigettando il ricorso degli interessati.

Il caso

I due legali rappresentanti di Hic saltus, associazione per la tutela e la conservazione della collina Sabina  avevano proposto una serie di ricorsi al T.A.R. dove venivano lamentate alcune illegittimità nelle varianti al Piano Regolatore Generale approvate dall’amministrazione comunale.

La cosa non era piaciuta al Sindaco Minelli, che aveva pubblicato un volantino ed un articolo evidenzianti le parole “vergogna” e “spreco di denaro” pubblico, senza però mai nominare esplicitamente destinatari della critica, genericamente richiamati attraverso lo pseudonimo manzoniano.

A fronte della vittoria delle cause istruite al T.A.R., i due decidono di convenire in giudizio il Primo cittadino per vedere accertato il carattere diffamatorio della sua pubblica stigmatizzazione, considerato “lesivo della loro reputazione”.

Il Giudice I grado — solo nella parte relativa al volantino — accoglie la domanda degli attori e condanna il Minelli al risarcimento di 2.000 Euro ciascuno.

Decisione, questa, che viene però rovesciata in II grado, dove viene rigettato il ricorso incidentale presentato dagli attori di prima istanza.

Secondo la Corte d’Appello di Brescia, l’espressione “spreco di denaro pubblico” non si riferisce ai due attori, ma consiste nell’oggettivo investimento adoperato dalla P.A. per difendersi in giudizio; inoltre, i contenuti e le espressioni utilizzate dal primo cittadino, non possono essere considerate diffamatorie in quanto manifestazione del suo “diritto di critica”, ovvero di un’opinione che per definizione “non può essere manifestamente obiettiva” e, comunque, pertinente a soddisfare un interesse dell’opinione pubblica (sull’utilizzo del denaro delle casse comunali).

Cass.sez.III, ord.n.12013/2017

Sposa questa linea la Suprema Corte, rigettando integralmente i quattro motivi del ricorso proposto dai soccombenti di secondo grado.

La Cassazione evidenzia, in primo luogo, che seppure i ricorsi al TAR, promossi dai privati, sono poi risultati vittoriosi — per tale, ingiustamente considerati “inutili” dal Sindaco — per difendersi in giudizio, il Comune ha dovuto concretamente sostenere delle spese. Vi è quindi un interesse pubblico alla diffusione della notizia.

Con riguardo al volantino, inoltre, il Sindaco non avrebbe “ingenerato una falsa convinzione nell’opinione pubblica”, come sostenuto dalla controparte, bensì esercitato il proprio diritto di critica. A differenza del diritto di cronaca, la critica può avere anche un contenuto satirico (purché non manifestamente offensivo e dei margini più ampi). La diffamazione si sarebbe configurata allorché questi margini fossero stati valicati, cosa che non risulta nel caso di specie e che comunque non è stata contestata dai rappresentanti di hic saltus.

Non rileva inoltre la contestazione del carattere “politico” del diritto di critica, poiché  — nelle parole della Corte — “se è indubbio che chi esercita una pubblica funzione può essere oggetto di critica politica per tale ragione, analogamente deve essere consentito di esercitare a sua volta una critica, anche politica, riguardo alle iniziative intraprese da privati cittadini”.

Le medesime considerazioni valgono per l’articolo. Diversamente dal Giudice di II grado, la Cassazione specifica che, dato il ristretto ambito di diffusione della notizia, benché non menzionato, il destinatario della critica era facilmente identificabile. Ma, nonostante tale identificazione, è comunque da escludersi il carattere diffamatorio del contenuto.

Francesco Donnici

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