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Spese di giustizia: necessario il rispetto dei minimi tariffari

La liquidazione giudiziale delle spese di giustizia va effettuata dal giudice nel rispetto dei parametri previsti dal d.m. n. 55 del 2014, il quale prevale sul d.m. n. 140 del 2012 in ossequio al principio di specialità. Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1357 del 19 gennaio 2018.

I fatti

La Corte d’Appello veniva chiamata a pronunziarsi su un ricorso per irragionevole durata del processo, secondo quanto stabilito dalla legge n. 89 del 2001, la c.d. legge Pinto. I giudici, accogliendo il ricorso, riconoscevano alla parte ricorrente un equo indennizzo per l’ammontare di Euro 2.165,00, liquidando  come spese processuali ai difensori la somma di 270 Euro, oltre ad accessori e spese vive.

Tale provvedimento veniva impugnato davanti alla Corte di Cassazione.

Il d.m. 55 del 2014 prevale sul d.m. 104 del 2012?

L’unico motivo del ricorso consisteva nella violazione o falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c e 2233 c.c., nonché il d.m. n. 55/2014, per avere liquidate il rimborso spese al disotto del minimo legale.

Il Ministero della Giustizia si costituiva in giudizio, sostenendo la correttezza del ragionamento dei giudici dalla Corte d’Appello. La tesi del Ministero si basava sull’applicazione al caso di specie del d.m. 104 del 2012. Secondo il Ministero, l’art 4 del d.m. n. 55 del 2014 non poteva esser considerato come derogativo del d.m. 104, l’art. 1 comma 7 di tale d.m. prevede espressamente che: «in nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa».

Spese di giustizia: necessario il rispetto dei minimi

La Corte di Cassazione non condivide la tesi del ministero ed accoglie quella del ricorrente.

La Corte afferma che il d.m. 140 è stato emanato, adempiendo alle indicazioni della UE, allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti  libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale. Cosa diversa è la liquidazione giudiziale delle spese.

Il giudice è infatti tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal d.m. n. 55. Tale normativa  prevale sul d. m. n. 140 non per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poiché  «diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il d.m. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente (ed infatti, l’intervento del giudice ivi preso in considerazione riguarda il caso in cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso o fosse successivamente insorto conflitto) – a prevalere, ma il d.m. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa».

Da quanto sopra evidenziato, emerge chiaramente l’inderogabilità dei minimi tariffari allorquando  il giudice debba procedere alla liquidazione delle spese di giudizio in applicazione del criterio della soccombenza.

Maria Rosaria Pensabene

 

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